venerdì 17 dicembre 2010

Ma Futuro e Libertà la rivoluzione liberale vuole farla davvero


All’indomani del voto di fiducia che ha “premiato” Silvio Berlusconi con un governo di minoranza (giova ricordare che il Premier ha ottenuto alla Camera soltanto 314 suffragi, mentre in quell’aula la maggioranza si raggiunge a quota 316) molti analisti politici si sono sbizzarriti nell’enfatizzare la vittoria del Presidente del Consiglio. “Fli si spacca”, “Berlusconi umilia Fini”, “Fini sbaglia tutto” sono solo alcuni dei commenti più gettonati in questi giorni. 
Certamente Futuro e Libertà non ha conseguito il risultato di portare a palesarsi anche in Parlamento la crisi di governo, tuttavia da qui a definire fallito il nostro progetto ce ne passa. In primo luogo non si può dire che Fli si sia “spaccato”: in verità solo tre deputati si sono tirati indietro al momento della verità, purtroppo influenzati dalle sirene dei posti di governo o dei vantaggi per le aziende familiari. D’altronde se un piatto si spacca lo fa in decine di pezzi e da questo punto di vista Fli si è solo scheggiato. La compagine finiana è comunque rimasta ben compatta e nutrita sia alla Camera sia in Senato. A livello territoriale poi, abbiamo registrato un incremento delle nostre adesioni direttamente legato al voto di sfiducia. 
In secondo luogo non si capisce come possa essere considerata una vittoria schiacciante un voto vinto grazie al cambio di casacca di deputati provenienti dalle fila del centrosinistra, sia del PD, sia dell’Italia dei Valori. Qui ci sarebbe molto da riflettere sulle vere ragioni che possono spingere due parlamentari dipietristi (fino al giorno prima antiberlusconiani nel midollo) ad abbandonare Di Pietro, ma sono convinto che i cittadini capiscano perfettamente come siano andate le cose. Gli italiani sono tutto meno che stupidi.
In terzo luogo non può essere il voto del 14 dicembre a fermare l’inevitabile evoluzione del panorama politico italiano. Non bisogna essere per forza antiberlusconiani per comprendere che Silvio Berlusconi non è più in grado di essere quel leader in grado di unire il centrodestra italiano. D’altronde la disgregazione del centrodestra è iniziata quando lui stesso il 18 novembre 2007 dal predellino lanciò un ultimatum a Fini e Casini: “O venite con me nel partito unico, o rimarrete fuori dalla coalizione!”. Alleanza Nazionale per certi versi commise un errore fondendosi nel Pdl: molti suoi elettori rimasero disorientati non riconoscendosi più nella nuova formazione, ma le elezioni premiarono tale scelta consegnando a Berlusconi, Fini e Bossi una maggioranza senza eguali per la storia repubblicana. Una maggioranza buttata al vento con l’espulsione di stampo stalinista sofferta da Gianfranco Fini, allontanato dal Pdl poiché considerato “incompatibile” con i principi del partito che aveva cofondato. 
Da parte della politica oggi c’è bisogno di coraggio e onestà: le cose non vanno bene in Italia. Siamo un Paese bloccato da caste, corporazioni e cartelli. La pressione fiscale è al 43,5% (la terza più alta d’Europa), 600mila lavoratori sono in cassa integrazione, altri 540mila hanno perso il posto negli ultimi due anni. L'economia del paese è ferma, come denunciano da tempo sia Confindustria, sia l’Ocse. Servono le riforme, come il pane: bisogna prima tagliare la spesa pubblica per poi diminuire le tasse. Sono necessarie le privatizzazioni, le liberalizzazioni delle professioni e dei servizi pubblici locali. Bisogna eliminare la burocrazia e rendere i processi civili più rapidi per non far fuggire gli investimenti stranieri. Sarebbe ora che si desse veramente avvio a quella rivoluzione liberale che il Paese attende invano da 16 anni. Ma tutto ciò lo può fare un governo Berlusconi-Scilipoti? Futuro e Libertà crede di no e auspica che l’Italia entri al più presto in una nuova fase politica, liberandosi di cricche e parentopoli.