martedì 29 giugno 2010

Montanelli e Guillet


Andando a scavare nell’archivio storico del Corriere della Sera, ho scoperto che una grande amicizia legava Indro Montanelli ad Amedeo Guillet. Un’amicizia alimentata da una stima profonda verso le gesta di cui fu autore il Comandante Diavolo. In tanti in questi giorni abbiamo ricordato il paragone che Indro fece tra Lawrence d’Arabia e Guillet. Nessuno però ha riportato la frase conclusiva di quella stanza: “Ecco perche' io mi ostino a sentirmi e a voler essere ancora italiano: perche' in Italia, in mezzo a tanto letame, ci sono ancora i Durand e i Guillet”. Eroi ormai di altri tempi ed epoche, le cui imprese appaiono oggi molto difficili da comprendere a chi la guerra la vede ogni giorno, ma solo in televisione. Simboli di fedeltà all’Idea di Italia, incarnata prima del 1948 anche dalla Corona. Protagonisti di un nazionalismo romantico, che qualcuno confonde con molta superficialità con il bellicismo fascista. 
La prima volta che Montanelli vide Guillet fu in guerra: “lo conobbi nel ' 36 a Gondar, anche se allora non facemmo in tempo a stringere amicizia. Comandavamo entrambi una piccola formazione di truppe indigene, ma gia' i suoi amhara a cavallo lo chiamavano Communtar as sciaitan, Comandante Diavolo per tante che ne faceva”. Avrebbe potuto scrivere lui una grande storia dell’amico, ma non la fece per rispetto dell’opera altrui: “Potrei riempire pagine su Guillet, ma non voglio mettermi in concorrenza con Segre, che di lui ha gia' detto tutto”.

domenica 27 giugno 2010

"Tutta colpa dei mondiali": le parole di Aldo Brancher


Al Tg3: “È una cosa indecente. Non ho mai visto l’Italia, dopo aver perso i Mondiali, che se la prenda con me. Ma scusi, eh! Ma è una vergogna! Mi ritengo una persona equilibrata e onesta, di buon senso. Io ho sempre lavorato e continuo a lavorare. Io ho un sacco di deleghe che devo cercare di realizzare, di portare avanti.”
Ma quali sono queste deleghe? “Sono quelle che son scritte. Tutto quello che c’è scritto. Oggi è domenica. Penso che non va disturbato nessuno di domenica, no?"

A Skytg24: “Quello che ho registrato e visto in questi ultimi due tre giorni è una cosa che non m’aspettavo. Sono veramente stupito da scoprire che l’Italia è fatta veramente di cattiveria, di odio a tutti i livelli. In questo momento io sono sereno. Devo proteggere la mia famiglia, i miei bambini. E soprattutto il riflesso che queste cose vergognose hanno dal punto di vista personale, intimo e degli affetti personali. Io sono sereno, sono tranquillo. Mi pare che si voglia mestare nel torbido. Non ho altro da dire.”

sabato 26 giugno 2010

Dalla BAT-provincia al Medio Campidano


Se chiedete al ministro Roberto Calderoni di chi è il merito non solo della Provincia di Monza e Brianza, ma anche di quelle di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, vi risponderà raggiante che è tutto suo: “non riuscivano a schiodarsi e a un certo punto ho detto: ora o mai più; e le ho fatte”. Fu infatti il suo intervento a risolvere l’impasse politico che ostacolava la creazione della provincia brianzola, con la più classica delle contrattazioni: per farla hanno tirato dentro anche Fermo e Barletta-Andria-Trani. 
In teoria ci sarebbe una legge che impedisce di fare province che abbiano meno di 200.000 abitanti, ma certe leggi in Italia si sa, sono opinioni. Fermo ad esempio è stata fatta anche se arriva solo a 160.000 abitanti. Moltiplicazione delle province significa moltiplicazione delle poltrone. 
Ma la BAT-provincia è la più forte di tutte. Dentro al “mostro a tre teste” si era scatenata una guerra intestina per avere la sede della Provincia (finita da poco ad Andria). Ad Andria dicevano: “ce la devono dare o qui si fa la guerra civile”. A Barletta, dove già c’era la Prefettura rispondevano: “se la mettono ad Andria sarà uno scippo e un furto”. Trani con il mare e il Tribunale rimaneva fuori dalla disputa. A Bisceglie la gente si chiede come ha fatto a finire nella BAT, tutti baresi erano. Certo è che una provincia che nasce divisa non incomincia nel migliore dei modi.
Nel 2005 in Sardegna oltre alle quattro province già esistenti ne vengono create altrettante: Medio Campidano, Carbonia Iglesias, Ogliastra e Olbia Tempio, tutte con pochi abitanti e capoluoghi improbabili. Originariamente solo quella di Olbia era prevista, ma intanto che ne potevano fare una, ne hanno fatte quattro. Il Medio Campidano (sigla VS, le iniziali di Villacidro e Sanluri), prima compreso nella provincia di Cagliari è l’emblema di questo spreco di soldi pubblici: 28 comuni e 103.500 abitanti pari al 6,5% della popolazione sarda, territorio con molta campagna e una delle coste più belle della sardegna (la costa verde), 117 dipendenti e 33 politici. Nel 2008 sul totale delle spese pari a 27,3 milioni di euro, il 44% è stato usato per mantenere l’ente stesso. Senza contare che l’istituzione della nuova provincia è costata anche a quella originaria di Cagliari un aumento delle spese, senza nessun vantaggio per la collettività. Più spese e meno risorse: se i costi per la politica (per le nuove province) aumentano, diminuiscono i soldi per i servizi ai cittadini.

venerdì 25 giugno 2010

Brancher, il ministro per legittimo impedimento


Mi scusino il Corriere della Sera e Pierluigi Battista, ma forse una informazione veramente indipendente in certi casi dovrebbe tirare fuori un po' più - fatemi passare il termine - le palle. Che Aldo Brancher sia stato nominato ministro solo ad uso e consumo della recente legge sul legittimo impedimento non è solo un leggitimo sospetto (come scriveva ieri Battista), bensì una certezza, un fatto, una verità. Un giornale così importante dovrebbe trovare il coraggio di descrivere chiaramente i fatti, senza girarci intorno utilizzando sofismi e giri di parole per esprimere una critica, qui lapalissiana e sacrosanta. Il mio legittimo sospetto è allora che ci sia un po' di paura a chiamare da quelle parti le cose come stanno.
"Aldo Brancher, neo ministro del Governo Berlusconi, deve organizzare il ministero e non può essere presente in aula nel processo Antoneveneta nei suoi confronti." Cvd, come volevasi dimostrare: è proprio questa la motivazione depositata dai difensori di Brancher, in vista dell'udienza di sabato prossimo.
Il Premier Silvio Berlusconi ha creato dal nulla un ministero solo per salvare dal processo il suo amico Aldo Brancher (ex dirigente del gruppo fininvest): è così difficile in questo paese dire le cose come stanno? Probabilmente sì. 
Per lui è stato creato il ministero per l'Attuazione del federalismo (ma non è detto che sia questo il nome definitivo, forse diventerà Sussidiarietà e decementramento). Un ministero "pazzesco", senza senso, le cui competenze sono svolte già da almeno altri tre ministeri: Riforme istituzionali (Bossi), Affari regionali e autonomie locali (Fitto), Semplificazione normativa (Calderoli).
L'importante era farlo ministro per godere della illegittima legge sul legittimo impedimento, e così è stato fatto. Brancher non sa ancora nemmeno come si chiamerà il suo ministero e cosa dovrà fare (ammesso che faccia mai qualcosa), ma intanto è probabile che i giudici stralcino la posizione del ministro accusato di appropriazione indebita, e proseguano il processo per la moglie, anch’ella imputata.
E' difficile dire che questi ci prendono per il culo? Probabilmente sì, ma qualcuno deve pur dirlo. O almeno scriverlo.

lunedì 21 giugno 2010

Amedeo Guillet, l'ultimo Cavaliere


Avevo scoperto la sua storia una notte d'estate con un documentario de La storia siamo noi, su RaiTre. Era nato nella mia città, Piacenza, il 7 febbraio 1909. Era figlio sia del nord che del sud, di genti piemontesi e capuane. La sua gioventù l'aveva donata all'Italia, iscrivendosi all'Accademia Militare di Modena, da cui uscì con i gradi di sottotenente di Cavalleria nel 1931. Veniva chiamato Cummandar as Shaitan, Comandante Diavolo, e Ahmed Abdallah al Redai, ma il suo vero nome era Amedeo Guillet. 
Scriveva di lui il grande Indro Montanelli: "se, invece dell'Italia, Guillet avesse avuto alle spalle l'impero inglese, sarebbe diventato un secondo Lawrence. È invece soltanto un Generale, sia pure decorato di medaglia d'oro, che ora vive in Irlanda, perché lì può continuare ad allevare cavalli e (a quasi novant'anni) montarli. Quando cade e si rompe qualche altro osso (non ne ha più uno sano), mi telefona...". 
Lo storico Sergio Romano lo descriveva come "uno dei più audaci e spericolati ufficiali di cavalleria dell'esercito italiano in Africa Orientale. Dopo la disfatta del 1941, Guillet non volle abbandonare il Paese e divenne capo di una banda di cavalieri eritrei, etiopici e arabi, la Gazelle Force, che continuò a combattere dietro le retrovie dell' esercito britannico. Vestiva panni arabi ed era accompagnato da una giovane donna, figlia di un capo, bella, orgogliosa, audace come un guerriero. Cominciò così una caccia alla volpe in cui la volpe sbucava improvvisamente dalla boscaglia per colpire il cacciatore e scompariva all' orizzonte in una nuvola di polvere e sabbia. Qualche mese dopo, inseguito dagli inglesi, dovette nascondersi a Massaua. Era piccolo, asciutto, aveva i baffi, la barba corta, i capelli neri, sopracciglia folte, la carnagione piuttosto scura e parlava arabo. Non si chiamava più Guillet, ma Ahmed Abdallah al Redai. Per sopravvivere e sottrarsi alle ricerche degli inglesi fece l' acquaiolo sino al giorno in cui, aiutato dai suoi amici indigeni, poté attraversare il Mar Rosso e trovare rifugio nello Yemen dove strinse amicizia con la famiglia regnante. Quando vi tornò, molti anni dopo, come ministro d' Italia, l' Imam a cui presentò le sue credenziali, lo guardò con un sorriso e gli disse: «Sei tornato a casa finalmente»."

sabato 19 giugno 2010

Notti (e cene) mondiali


Chiedo scusa per questo post che abbassa decisamente il livello del blog. Tuttavia volevo farvi partecipi della felicità che ho provato scattando questa foto al televisore durante Notti Mondiali. Ignoravo fino ad allora che due giovani cronisti, Maurizio Costanzo e Giampiero Galeazzi, avessero un posto fisso nel commentare i mondiali di calcio sulla rete ammiraglia della Rai, in diretta da Piazza di Siena, Villa Borghese, Roma. Perchè in Sudafrica non puoi mai sapere che ti danno da mangiare.

venerdì 18 giugno 2010

Prostituzione intellettuale a UnoMattina Estate


Ancora assonnato col caffè in mano. Ho appena acceso la tv e non ho neanche scelto il canale (Rai1), che quello di Unomattina Estate parlando di bodyscanner butta lì un "siccome in Italia siamo tutti intercettati, veniamo persino spiati nelle stazioni ferroviarie, c'è una violazione della privacy in tutto questo o no?"*. Sogno o son desto? M’incazzo, perché anche uno spirito liberale ogni tanto si incazza. Anzi, di questi tempi è sempre più nero (solo nel senso di incazzato). Quello di Unomattina Estate si chiama Pierluigi Diaco. L’ospite, il professore Guido Scorza, un po' lo segue: “in effetti ci siamo oramai tutti assuefatti a telecamere, intercettazioni, bodyscanner, eppure non sentiamo di vivere in un mondo sicuro”. 
Successivamente sulla prima rete rai mi viene offerta una rassegna stampa di gran spessore: non solo le maggiori testate Chi o Novella 2000, ma anche quelle politiche tipo Vero, Stop, Intimità. Il tutto accompagnato da domande come “amore la prima sera, sì o no?” (un classico), perpetrate ai danni di sei ragazzi sei presi una mezz’orata prima vicino a Tor Vergata.
E così finisce tutto in cazzeggio con Diaco spalleggiato dalla sorridente e ammirata Georgia Luzi a fare l’esperto di relazioni amorose e a primeggiare su argomenti che creano finti imbarazzi. Si parla delle sempreverdi Antonella Clerici, Lorella Cuccarini, Licia Colò, ma non possono mancare gli ex concorrenti del Grande Fratello. La seconda parte del programma si conclude con Diaco che manda tanti auguri (in colpevole ritardo) a Piersilvio Berlusconi e alla sua compagna Toffanin che hanno “appena” avuto un erede una settimana fa. Tanto anche in Rai, tutta la famiglia è di casa. Io spengo la tv e vado a studiare Basilea II, che è meglio.

giovedì 17 giugno 2010

La riforma dell'art. 41 l'ha già fatta l'UE


Mi sorprende e mi sconcerta vedere con quanta foga il ministro Tremonti vada in giro per l'Italia a sostenere che per sancire i principi della libertà d'impresa è necessario modificare la Costituzione. È vero che l'art. 41 è frutto di un compromesso storico tra i padri costituenti, tra il socialismo e il liberalismo, ma certamente pende più verso quest’ultimo. E a farlo pendere ancora di più finanche al liberismo vi è stato negli anni scorsi – fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, lo scorso 1 dicembre 2009 – l’art. 4 del Trattato che istituisce la Comunità Europea, il quale prevedeva che la politica economica e quella monetaria degli Stati membri fossero condotte “conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza”. Cose fra l’altro per nulla in contrasto con i principi espressi dall’art. 41.
Da giurista, qual è a tutti gli effetti essendosi laureato in giurisprudenza presso l’Università di Pavia, il nostro ministro dell’Economia non può ignorare il disposto dell’art. 11 della Costituzione, il quale consentendo “in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, è stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale come la porta d’ingresso del diritto comunitario nel nostro sistema. Inoltre l’art. 117 Cost. ci ricorda come la potestà legislativa sia “esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Anche guardando all’art. 41 come ad un residuo bellico, bisogna riconoscere che nel tempo il suo valore programmatico è stato assai limitato dal diritto comunitario, il quale è direttamente applicabile nel nostro ordinamento. Si può quindi dire che in verità l’art. 41 è già stato riformato più volte dall’Unione Europea, da ultima lo scorso dicembre.

martedì 15 giugno 2010

Sparito da facebook il video della Gabanelli. Perchè?


L'altro giorno, come tanti, ho condiviso anch'io sul mio profilo facebook il video di Milena Gabanelli che spiega durante l'ultima puntata di Report il contenuto del ddl intercettazioni, la c.d. legge bavaglio. Oggi è sparito dalla mia bacheca. La stessa cosa è capitata ad altre persone. Probabilmente a tutti gli utenti. Perchè? Mi rifiuto di pensare ad un tentativo di censura, ma non riesco a trovare una spiegazione plausibile e alternativa. All'inizio e alla fine del video si veniva invitati a farlo girare anche su tutte le altre piattaforme, da twitter a myspace. Che sia questo il motivo per cui è stato cancellato dal social network? O forse perchè legato al popolo viola, il quale scende in piazza a Roma, il 9 luglio, per protestare contro una legge che limita non solo la stampa, ma anche e soprattutto la magistratura nell'uso delle intercettazioni durante le indagini.
Ricordo un caso simile capitato qualche mese fa ad un video di Gioacchino Genchi, dove l'ex consulente di De Magistris criticava gli arresti dei boss mafiosi Nicchi e Fidanzati, ritenendoli programmati ed eseguiti ad arte per la televisione. Anche allora il video scomparve da facebook.

P.S. 16/6/2010 - La spiegazione di Facebook: "problema tecnico". O forse no?
La notizia è arrivata oggi anche a la Repubblica: Da Facebook assicurano che da parte del social network "non c'è stata alcuna censura" e che se il post è scomparso dalle pagine personali degli utenti è solo per "un problema tecnico". Dopo la segnalazione di Repubblica.it, il sito ha spiegato, che uno degli utenti che ha iniziato il tam tam per far girare il videomessaggio ha inserito uno script che viola le condizioni d'uso di Facebook e ha eliminato automaticamente il video dalle bacheche. Cosa non andava? Non i contenuti, garantiscono dal social network, ma l'invito a diffonderli a tappeto.
La spiegazione di Facebook ci lascia perplessi: da una parte l'azienda americana fa ricorso alla consueta scusa del problema tecnico, mentre dall'altra riconosce che il motivo per cui è stato eliminato il video era l'invito a condividerlo. Insomma, già il fatto che ci vengano date due giustificazioni, ad abundantiam, dovrebbe farci sospettare che qualcosa non torna. Per esempio mi sorge spontanea qualche domanda: vengono eliminati proprio tutti quei video che invitano altri utenti a diffonderli?, e se sì, perchè? Se il messaggio che si vuole promuovere è giusto e non lede i diritti di terzi, come era questo il caso, perchè negare la sua diffusione? 

lunedì 14 giugno 2010

10 motivi per odiare la vuvuzela


1) Toccateci tutto ma non il mondiale. Lo aspettiamo per 1450 giorni: ogni 4 anni vorremmo seguire per un mese tutte le partite in santa pace. La vuvuzela ha preso il posto della mamma come rompiscatole ufficiale, con l'aggravante di stare lì per tutta la partita.
2) Rumore. La vuvuzela non è uno strumento musicale. Non emette suoni, nè note, bensì solo rumore. Un sacco di rumore. E' come avere un calabrone nell'orecchio per 90 minuti.
3) Disturba i giocatori. Friedrich (Germania), Pazzini (Italia), Cristiano Ronaldo (Portogallo) e Gourcuff (Francia) sono solo alcuni dei giocatori che si sono lamentati del rumore delle vuvuzelas. In particolare tutti lamentano come sia difficile parlare con i compagni: "non si sente niente!".
4) Il gioco ne risente. Diretta conseguenza della mancanza di comunicazione tra i giocatori sono i passaggi sbagliate e le palle perse dovute a fraintendimenti tra compagni di squadra. I pochi gol segnati finora ne sono una prova.
5) Interessi commerciali. Uno dei principali motivi per i quali non sono state abolite, è dato dalle grosse perdite economiche che avrebbero subito le imprese fabbricanti. Il giro d'affari durante i mondiali della sola Masincedane Sport, leader del settore, è stimato in 2 milioni di dollari.
6) Utilizzo improprio. La suonassero solo quando c'è un gol, potremmo farla passare, ma 90 muniti filati sono tanti. Se li moltiplichiamo per tutte le 63 partite decisamente troppi. Perchè amico sudafricano devi festeggiare anche i falli laterali?
7) Può rendere sordi. Il livello di intensità del suono di una vuvuzela può arrivare fino a 127 decibel, solo 3 dB in meno del motore di un aeroplano (130 decibel), e solo 13 dB in meno rispetto la soglia del dolore (140 decibel). Dannosa oltre che fastidiosa.

domenica 13 giugno 2010

Colonnelli coltelli


Il Secolo d’Italia è davvero lontano. Al palazzo dei Congressi dell’Eur lo storico foglio è sostituito da Libero, distribuito gratis ai soldati. È sufficiente questo dato per comprendere dove stiano andando gli ex colonnelli di Alleanza Nazionale. La sfida è lanciata: “non è una conta perché la conta l’abbiamo già fatta” grida La Russa. Le truppe sono in bella mostra, pronte a combattere per la successione al trono. Perché la sensazione, qui dai confini dell’Impero, è che la convention “Più unito il Pdl, più forte l’Italia” sia stata solo una grande parata, un’alzata di cresta dei galli pronti a spennarsi per il pollaio.
Dicono di voler costruire una nuova destra. Vogliono mostrare “idee e valori per la sfida del cambiamento”. Difendono i prodotti della loro politica. Non hanno paura di temere sudditanze culturali. Quagliariello è allenato e deciso: “come durante il caso Moro contro la statolatria si alzò la voce di Leonardo Sciascia, così oggi contro gli articoli di Saviano sulle intercettazioni si deve alzare la voce del Pdl”. Una voce che diventa un coro unanime.
“Prende troppe lodi dai nemici e allora vuol dire che c’è qualcosa che non va”, si lamenta Gasparri del grande assente. Matteoli rivolto a Cicchitto rinnova il patto di sangue sancito dalla spada del Cavaliere: “Caro Fabrizio, noi rappresentiamo la destra che con te ha fatto un accordo. Non abbiamo paura del mare aperto”. Oltre che colonnelli, capitani coraggiosi.
Il berlusconismo senza Berlusconi è qui, alla fiera degli “ex”: ex camerati, ex compagni, ex radicali, ex socialisti, ex colpiti dalle monetine del Rafael, ex che girano con suv di fabbricazione (la)russa. Il partito di plastica al gran completo. Coltelli incrociati. Tutti per uno, uno per tutti. Torna Ignazio: “guardateci, io, Altero, Maurizio, Gianni. AN ci ha messo insieme ma non siamo mai stati uniti come oggi!”. Uniti per cosa? Per la corona.
E venuta la sera in piazza d’armi passa un viandante, forse un vecchio comandante. Poche sagge parole, già sentite e dimenticate: “il tradimento, che è nel novero dei comportamenti umani poco dignitosi, alligna in coloro che sono adusi ad applausi, alla pubblica adulazione, salvo poi dire tutt’altro quando il leader gira le spalle. Raramente il tradimento è nella coscienza di chi si assume la responsabilità di quello che pensa in privato e pubblicamente”.

giovedì 10 giugno 2010

Il discorso di Pericle agli Ateniesi (461 a.C.)



Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo
viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro
dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di
altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una
ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

domenica 6 giugno 2010

Francesca, la trota e la Padania


Ieri mentre Francesca Schiavone vinceva - prima italiana nella storia - il Roland Garros, a circa 2.500 chilometri di distanza, in mezzo al mediterraneo in quel di Gozo scendeva in campo la nazionale di calcio della Padania per affrontare nella finale della Viva World Cup 2010 la temibile e navigata formazione del Kurdistan.
L'altro ieri Fabrizio Roncone dalle sacre pagine del Corriere della Sera ci raccontava di come la formazione padana avesse battuto gli acerrimi rivali del Regno delle Due Sicilie in semifinale: "i borbonici hanno, di fatto, perso nell'intervallo. Quando nello spogliatoio accanto è entrato Renzo Bossi, il figlio prediletto del senatùr, il ragazzo che ancora qualche sciocco si ostina a chiamare la trota - come, in effetti, suggerì però di definirlo il padre, che detesta la metafora dei delfini - e che invece dovreste vedere come sta, e con quale piglio, nel ruolo del piccolo team-manager".
Ieri, pur soffrendo, la trota guidava i suoi pesci alla conquista della terza coppa consecutiva. Nulla poteva il valoroso popolo curdo di fronte allo strapotere di Maurizio Ganz, glorioso scudettato milanista nell'anno di grazia 1999. Invano difatti il Kurdistan protestava con l'arbitro per un gol annullato in fuorigioco. Una finale così combattuta non la si ricordava dal 2006, quando la Lapponia si era laureata campione del mondo battendo il Principato di Monaco solamente per 21 a 1.
Molto molto lontano la Schiavo festeggiava sul Court Filippe Chatrier un risultato così straordinario che costringeva persino il papone Umberto a riconoscere le qualità di 'sta ragazza cresciuta in Padania da famiglia irpina: "Interessante, quella lì, nata nel quartiere Gallaratese di Milano". Poche parole ma dense di significato.

venerdì 4 giugno 2010

Che fine ha fatto Rainews24?


Rainews24 è a rischio. Il canale all news della Rai arranca, dall'azienda viene dimenticato ed emarginato. Dopo lo switch-over del 18 maggio, avvenuto in alcune aree del nord, Rainews24 non è più visibile da parte di molti utenti. Oggi 4 giugno i giornalisti della redazione sono in sciopero, per "poche e semplici richieste: una promozione specifica del canale all news; completo ripristino del segnale in Italia e all'estero nelle aree coperte fino a due settimane fa; risorse e mezzi (come studio e fly per le dirette) indispensabili a un canale di informazione 24 ore su 24".
Purtroppo le notizie in settimana non sono state proprio incoraggianti per la rete. Paolo Romani, vice-ministro dello Sviluppo economico con delega alle telecomunicazioni, ha espresso bene il malessere dei vertici alti nei confronti della testata, considerandola peggio del telegiornale della terza rete: "il Tg3 fa danni per 30 minuti. Rainews24 fa danni per 24 ore".
Tra i canali Rai è l’unico che riesce a dare una informazione imparziale e innovativa, essendo un po’ svincolato dalle logiche lottizzatorie che soffocano il servizio pubblico. Offre le dirette dei grandi eventi indiscriminatamente, siano il No Berlusconi Day o la direzione nazionale del Pdl. Riesce a competere con Skytg24 sotto molti punti di vista pur disponendo di molti meno mezzi, e quasi sempre si fa preferire proponendo un palinsesto per nulla ripetitivo. Inoltre alla gente Rainews24 piace moltissimo: lo confermano le migliaia di mail di solidarietà e protesta che in questi giorni continuano ad arrivare in redazione. Ciò mostra che molti italiani vi riconoscono un servizio pubblico ben condotto e degno di essere protetto e implementato.
Sul caso si è pronunciato anche Andrea Camilleri, grande fan della rete: "si vuole veramente che ci sia una informazione libera e continua? Perchè questo è il problema. Oggi l'alibi del fatto tecnico può colpire qualsiasi cosa. Ma come mai questi fatti tecnici colpiscono sempre gli stessi? Come si fa a far sparire un canale senza avvertire gli utenti? Rainews24 ha una doppia colpa: fornire notizie e commenti in piena libertà e far rivedere il Tg3".

(vignetta di Gianni Carino)