mercoledì 30 marzo 2011

"Tripoli era una cicatrice bianca nel verde delle palme"

Il mare dei soldati e delle spose, Roberto Giardina, Bompiani editore. 
Consiglio di un romanzo per cercare di capire il rapporto tra Italia, Libia e Lampedusa. 

martedì 29 marzo 2011

Comunisti Padani


Chi si ricorda del Parlamento del Nord? Era un organismo creato dalla Lega Nord con rappresentanza interna al proprio ambito politico. Venne eletto nel 1997 attraverso una consultazione non ufficiale degli iscritti e dei simpatizzanti. Anche se non gli fu attribuita titolarità di rappresentanza democratica nel senso stretto del termine, è però interessante andare a vedere come il "Parlamento Padano"  si divise al suo interno in forze politiche concorrenti, le quali si ispiravano ideologie politiche differenti: tra queste una delle componenti più numerose era quella dei Comunisti Padani.
Mentre negli ultimi anni il Parlamento del Nord ha ormai perso importanza, la corrente dei Comunisti Padani è invece ancora attiva, specialmente in Emilia Romagna. Per esempio a Brescello, nel paese che fu di Don Camillo e Peppone, dove si era anche pensato di presentare una lista con un simbolo rosso: una falce e un martello. Una lista composta naturalmente solo da Comunisti Padani. D’altra parte fu il modenese Mauro Manfredini, oggi capogruppo in consiglio regionale dell’Emilia Romagna, ad inventarsi la sigla dei Comunisti Padani. Come racconta Eleonora Bianchini ne Il libro che la Lega Nord non ti farebbe mai leggere (Newton Compton Editori) «nel 1990 Manfredini decise di prendere penna e francobollo e indirizzare a Umberto Bossi quello che per lui era il simbolo del movimento leghista declinato in salsa emiliana, ovvero comunista. Correva il periodo in cui Bossi aveva chiesto a Maroni di stilare l’elenco con tutti i movimenti che avrebbero fatto parte dell’atto costitutivo della Lega: c’era la Liga Veneta, la Lega Lombarda, il Piedmont Autonomista, l’Uniun Ligure, l’Alleanza Toscana, la Lega Toscane, il Movimento per la Toscana e la Lega Emiliano-Romagnola. Mancava solo qualcuno che presentasse una lista di “chiara appartenenza di sinistra”, come ripeteva con una certa insistenza Bossi a Maroni». Entrarono così in scena una falce e un martello colorati di verde.

lunedì 28 marzo 2011

San Francisco/Milano


San Francisco è sempre stata città d'avanguardia. Negli ultimi anni da qui sono partite le battaglie per l'ambiente, la difesa dei consumatori, l'integrazione multietnica, i diritti civili. The Pacific Rim, il bordo del pacifico, si è sempre contraddistinto per precorrere i tempi spinto da uno spirito libertario impossibile da contenere nelle strette gabbie della politica di Washington. Non solo a sinistra, ma anche a destra. Per esempio lo stesso "The Governator" Arnold Schwarzenegger sulle politiche ambientali si è dissociato fin dal 2006 dalla linea repubblicana, entrando in rotta di collisione con l'amministrazione Bush. Sotto la sua guida la California ha adottato standard più stringenti sui gas di scarico delle automobili e ha imposto tetti severi alle emissioni carboniche per le centrali termoelettriche, le industrie inquinanti e anche le navi. La fuga in avanti della California è stata poi imitata a livello centrale dall'amministrazione Obama. 
La West Coast è ormai da tempo un laboratorio per l'America intera. Qui sorge la Silicon Valley: a Mountain View c'è Google e a Palo Alto c'è Facebook, senza dimenticare la Apple di Steve Jobs. Tutto ciò che è innovazione è "concept in California". Qui ci sono alcune delle migliori università degli Stati Uniti (come Stanford o Berkeley) che attirano  cervelli da tutto il mondo, Italia compresa. Un giovane con un'idea valida sa che qui non sarà difficile trovare qualcuno disponibile a finanziarlo: questa è la patria del venture capital

Mediaset, Italia


Non fosse stato per l’argomento che tocca (il terremoto dell’Aquila), la vicenda sarebbe stata vista come un ennesimo e plateale atto di propaganda targato Mediaset nei confronti del Governo, ma non avrebbe indignato così tanta gente. Sarebbe rimasta insomma uno dei tanti episodi politically incorrect a cui siamo abituati fin dal 1994. Questa volta però gli autori di Forum sono stati forse un po’ troppo zelanti nell’adempiere al loro compitino e hanno così dato vita a una sceneggiata ai limiti del grottesco: per un vero aquilano era impossibile non accorgersi della finzione. Questi i fatti descritti dal Corriere.it:

Venerdì 25 marzo su Canale 5 «Forum» affronta una causa tra moglie e marito, abruzzesi separati che si presentano come Marina e Gualtiero. La donna ha dovuto chiudere l'attività di abiti da sposa e chiede al coniuge 25 mila euro per rilanciarla. Lui rifiuta, dice che L'Aquila è distrutta e l'investimento fallirebbe. Marina però insiste, sostiene che «tutte la attività hanno riaperto» e per due volte loda Berlusconi: «Vorrei ringraziare, non lo so se posso, il presidente... Non ci ha fatto mancare niente». E la Dalla Chiesa: «Il governo, certo». Riprende Marina: «Questi hanno la casa coi giardini, coi garage...». Il marito si oppone, per lui «L'Aquila è tutta una maceria». E lei: «Non è vero, sta tornando come prima».
La conduttrice ringrazia Guido Bertolaso e pazienza, dice, se si attirerà «le ire di tutti». E quando si spegne l'applauso per l'ex capo della Protezione civile, la signora Marina mette a dura prova la pazienza dei sopravvissuti: «Dentro gli hotel sono rimasti in tre, quattrocento. E gli fa pure comodo. Mangiano, bevono e non pagano niente, pure io ci vorrei andare».

sabato 26 marzo 2011

Risorgi, Italia!


“Finché, domestica o straniera, voi avete tirannide, come potete aver patria? La patria è la casa dell’uomo, non dello schiavo” diceva Giuseppe Mazzini nella lettera “Ai giovani d’Italia”. Lo scriveva perché essere patriottici significa innanzitutto essere liberi. Liberi e uniti: la patria non può escludere nessuno, deve essere di tutti quelli che ne vogliono essere parte perché la vivono. Oggi Fli nasce per unire, non per dividere. E dobbiamo unire sotto almeno tre piani d'azione differenti:
1) superare definitamente le ideologie e le divisioni derivanti da artefatte concezioni di destra/sinistra. Concentriamoci sui contenuti, non sulle etichette; 
2) non dimenticarsi del divario nord/sud, lasciando da solo il meridione, ma varare un piano dove investimenti culturali e lotta alla criminalità organizzata vadano di pari passo; 
3) comporre un patto generazionale tra padri e figli. Oggi abbiamo il 30% di disoccupazione giovanile: un giovane su tre non ha lavoro, e quando lo ha è un lavoro precario, in prova, di stage molto spesso sottopagato. Oggi 827 sono gli euro in busta paga di un neolaureato. Due anni fa erano più di mille e cento. E' necessario ripensare il sistema di welfare sbilanciato a favore della sola cig e unificare i contratti di chi entra nel mondo del lavoro.

lunedì 21 marzo 2011

Due bandiere


Ci sono due bandiere. La prima è tutta verde, colore dell'Islam preso a prestito dal colonnello Gheddafi per santificare la sua rivoluzione "popolare" permanente. La seconda è composta da una mezzaluna calante ed una stella bianca, su un tricolore a bande orizzontali rosso-nero-verde; è il simbolo della rivolta attuale ed è già stata bandiera del Regno Unito di Libia, cancellato nel 1969 dal colpo di stato dell'attuale dittatore. Durante il regno di re Idris I un'amministrazione intelligente mirante a non disperdere il valore aggiunto della presenza italiana nel paese favorì la convivenza pacifica tra libici autoctoni e italo-libici. Al contrario nel 1970 Gheddafi confiscò tutti i beni degli italo-libici e gli stessi cittadini furono costretti a lasciare il loro paese.
Oggi quel tricolore che sventola a Bengasi ci dice con chi stare: con i giovani ribelli che lottano per una Libia libera dal terrore di un pazzo dittatore disposto a pagare disperati mercenari centrafricani per massacrare il suo popolo e mantenere il potere; con chi sfida la morte pur di raccontare al mondo intero attraverso una webcam gli orrori dei rastrellamenti casa per casa, le fosse comuni e i deliberati bombardamenti sui civili. 
L'attacco a Gheddafi era inevitabile e per troppo tempo abbiamo indugiato permettendogli di risollevarsi e fare chissà quanti morti forse evitabili. Nel futuro della Libia e del mediterraneo non v'è più posto per lui. Mentre a Tripoli sono cadute le prime bombe su obiettivi mirati e circoscritti, al Cairo sono passate le riforme costituzionali: si andrà a votare a fine anno, senza Mubarak. La strada per la democrazia è ancora lunga, ma questa rivoluzione araba ormai è una realtà storica. 
Ci sono due bandiere, sì. Ma solo una è quella giusta. 

giovedì 17 marzo 2011

martedì 15 marzo 2011

Come in guerra


Una centrale nucleare è un potenziale nemico. 
Perchè l'uomo dovrebbe continuare a produrre un'energia dalle possibili conseguenze così dannose, nocive, cattive per sè medesimo? 
Perchè dovrebbe portarsi il nemico in casa?

lunedì 14 marzo 2011

Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura


[...] Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali. 
Si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione. [...]

Relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione al Congresso Americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, ottobre 1912

martedì 8 marzo 2011

Hanno ancora senso le divisioni destra/sinistra?


Ha ancora senso nel 2011 utilizzare le categorie politiche ottocentesche di destra e sinistra? È possibile a 22 anni dalla caduta del muro di Berlino continuare a gridare al “pericolo comunista”? Non sarebbe più utile per la comunità nazionale prendere finalmente coscienza che le ideologie sono finite e con esse il tempo dei nostalgismi di destra e di sinistra? Può l’Italia superare quella sindrome da opposte tifoserie, che la costringe a dividersi su ogni cosa, e che crea dei veri mostri politici disposti a tutto, pronti a dileggiare e infangare il loro paese, pur di godere della rovina dell’avversario?
Porgersi queste domande è essenziale per provare a delineare il futuro della politica italiana: destra e sinistra sono infatti oramai categorie utili per mettersi le scarpe. La vera differenza oggi è tra chi ha il coraggio di prendere scelte magari anche rischiose e impopolari perché crede che l’Italia abbia bisogno di riforme pesanti in tema di welfare ed economia, e chi questo coraggio non ce l’ha perché punta a mantenere le proprie rendite di posizione, stando attento a non scontentare caste e corporazioni da cui ormai è legato a doppio filo. E allora ha ragione Gianfranco Fini a dire che su una politica veramente riformatrice “il centrosinistra è in ritardo quanto Berlusconi”; la verità è che “siamo in presenza di uno scontro fra due grandi assetti conservatori nel senso più deteriore del termine poiché la parola d’ordine è non cambiare niente”. La tanto declamata “rivoluzione liberale”, annunciata al Paese nel 1994 da un imprenditore milanese vicino ad ambienti socialisti, è rimasto un bel titolo strappato a Piero Gobetti.

venerdì 4 marzo 2011

Gay e a destra


E' possibile essere gay e allo stesso tempo sentirsi appartenenti ad uno schieramento politico di destra? Certamente sì. Le battaglie per i diritti delle persone omosessuali sono prerogativa della sinistra? Assolutamente no. Dal 1997 nel panorama politico e culturale italiano opera infatti Gaylib, l'associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra italiani. 
Il loro manifesto politico contiene punti caratterizzanti che li differenziano, anche nettamente, dalla maggioranza dei gruppi politici LGBT, che si riconoscono in gran maggioranza nel centrosinistra. 
Presente a Mirabello, Bastia Umbra e Milano (vedi volantino qui a fianco), Gaylib ha aderito a Fli. Il neopartito di Fini non ha mai fatto mistero della sua volontà di procedere ad una legislazione delle unioni civili, siano esse etero od omosessuali. Da questo punto di vista, l'Italia è il paese europeo più indietro: oltre alla Spagna, anche il cattolicissimo Portogallo si è dotato nel tempo di una legislazione sulle unioni di fatto. Addirittura nel gennaio 2010 il parlamento portoghese ha approvato la proposta di legge per regolarizzare il matrimonio omosessuale, escludendo però la possibilità di adottare figli. Il primo ministro José Sócrates ha definito la votazione "un momento storico".
Quelli di Gaylib intanto dicono che dal Pdl non si aspettano più niente. Come dargli torto viste le ultime recenti affermazioni di Silvio Berlusconi ("mai coppie gay")? Per il Pdl le sparate contro gli omosessuali sono utili strumenti di propaganda bigotta. Ancora più utili nel momento in cui vengono usate contro un partito come Fli, il quale si è mostrato disponibile e aperto a intraprendere una seria discussione sul tema dei diritti civili.

mercoledì 2 marzo 2011

Au revoir Ffwebmagazine


A sentire i telegiornali sembra sia stata chiusa la Fondazione FareFuturo. Niente di tutto questo: è solamente una sua costola, il web magazine diretto da Filippo Rossi, a lasciarci. Certo, c'è un po' di tristezza, perchè è partendo da qui che si è iniziato a squarciare il vel(inism)o del centrodestra italiano. Ffwebmagazine è stata fucina di idee, critiche, polemiche: in mano a giovani sobillatori professionisti questo piccolo sito è riuscito a diventare voce anticonformista della destra prima dentro il Pdl, poi verso Fli. 
Probabilmente non vi sono solo ragioni economiche dietro la sua chiusura, ma ha ragione lo stesso Filippo Rossi a dire che questo non deve interessare più di tanto. L'importante è che il capitale umano e ideale che si è assemblato in questi due anni non vada disperso e venga reinvestito in nuovo progetto. Magari anche migliore di Ffwebmagazine. 
Nel frattempo restiamo tutti in trepidante attesa. Pronti alla ripartenza. 

martedì 1 marzo 2011

La profezia di Calamandrei in difesa della scuola pubblica


[..] Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina.