sabato 29 maggio 2010

Come la Rai ha buttato 475 milioni di euro (e l'attivo di bilancio)


Il Consiglio di Amministrazione della RAI ha approvato lo scorso 26 maggio il bilancio 2009 del gruppo, che registra una perdita di 61,8 milioni di euro all'anno. Davvero interessante: se l'estate passata il direttore generale Mauro Masi non avesse rifiutato la generosa offerta di Sky, che garantiva alla rete pubblica circa 67,8 milioni di euro l'anno, oggi il bilancio Rai avrebbe potuto essere per la prima volta in attivo.
Rapido riassunto: Sky per distribuire sul satellite i programmi di Raisat (e cioè, Extra, Premium, YoYo, Smash e Gambero Rosso) era pronta a mettere sul piatto 350 milioni di euro per sette anni. Non solo, alla cifra precedente andavano aggiunti altri 75 milioni di euro (parametro relativo al contratto 2008) per l’accordo di «output dial» concernente i prodotti cinematografici distribuiti da Raicinema e altri circa 7 milioni di euro l’anno per i proventi pubblicitari ricavati dalla Rai sulla piattaforma di Sky (per sette anni sono altri 49 milioni di euro). Per un totale, dunque, di circa 475 milioni di euro. Una cifra enorme, pari quasi al doppio del capitale sociale dell’azienda che è di circa 242 milioni 518 mila euro.
Il danno che le scelte dei vertici Rai hanno provocato è evidente, ancora di più se si pensa che le perdite Rai vengono ripianate con soldi pubblici, i quali di questi tempi scarseggiano. La scelta di Masi non si può spiegare se non con motivazioni politiche, quale politica è la sua carica: questa dirigenza Rai verrà ricordata per la creazione del neologismo Raiset. Rai e Mediaset sono infatti unite contro la flotta di Sky capitanata da Murdoch: entrambe hanno deciso di puntare principalmente sul digitale terrestre, ma anche sul satellite hanno deciso di andarci insieme con la creazione della piattaforma TivùSat.

martedì 25 maggio 2010

No alla fiducia sul ddl intercettazioni


La speranza è che non si arrivi ad un atto di forza del Governo e che il disegno di legge sulle intercettazioni abbia “un percorso squisitamente parlamentare, tormentato quanto si vuole ma senza rischio di interventi liquidatori e ultimativi da parte del governo. Si conceda al Parlamento, all’opposizione ma anche alla maggioranza, alle categorie interessate, ai cittadini tutto il tempo necessario per discutere e trovare mediazioni sul testo”. Carmelo Briguglio, vice capogruppo alla Camera del Popolo della Libertà, anche oggi avverte: il voto di fiducia sarebbe “un altro grave errore politico”. Quanto alla legge, “deve avere un percorso squisitamente parlamentare, tormentato quanto si vuole, ma senza rischio di interventi liquidatori e ultimativi da parte del governo. Si conceda al Parlamento, all’opposizione ma anche alla maggioranza, alle categorie interessate, ai cittadini tutto il tempo necessario per discutere e trovare mediazioni sul testo”.
Fabio Granata, vicino al presidente Gianfranco Fini, ha ripetuto nei giorni scorsi che sul diritto di cronaca l’ unico punto di equilibrio possibile è quello individuato da Giulia Bongiorno e Niccolò Ghedini in prima lettura: un compromesso che permetteva la pubblicazione nel contenuto degli atti giudiziari non più coperti da segreto. Quell’accordo, dopo l’introduzione del divieto tombale di pubblicazione al Senato, è diventato carta straccia, ma potrebbe essere riesumato alla Camera dove i finiani stanno dando battaglia. L’invito rivolto al Governo è quello di non spogliare ulteriormente le funzioni del Parlamento, in questa legislatura già troppe volte compresse e limitate dall’eccessivo ricorso allo strumento della fiducia.

lunedì 24 maggio 2010

Le prigioni israeliane di Mordechai Vanunu


“Sono sopravvissuto 18 anni. Potrei sopravvivere altri 6. Non potete togliermi la libertà di espressione. Vergognati Israele. Tutti sanno che Israele dispone di armi nucleari, ma nessuno ne parla”. Mordechai Vanunu era un tecnico nucleare israeliano. Nel 1986 aveva rivelato al Sunday Times l’esistenza del piano segreto di armamento nucleare di Israele. Venne rapito a Roma da agenti del Mossad e trasferito in Israele dove venne condannato a diciotto anni di carcere. Ora è stato condannato ad altri tre mesi di reclusione, per non aver rispettato una decisione che limitava i suoi contatti con cittadini stranieri dopo la sua scarcerazione nel 2004.
Come riferito dal suo legale, Vanunu ha una fidanzata norvegese ma al momento della sua liberazione nel 2004, gli è stato vietato di lasciare il Paese e di entrare in contatto con cittadini stranieri senza averne l'autorizzazione, perchè le autorità israeliane ritengono possa rivelare informazioni riservate. Inoltre Vanunu si è rifiutato di svolgere la pena accessoria del servizio civile a Gerusalemme ovest, la parte israeliana della città Santa, perchè teme per la sua incolumità. Aveva chiesto inutilmente in alternativa di svolgere la stessa pena nella parte araba di Gerusalemme.
Ancora una volta Israele è accusato di calpestare i diritti fondamentali dell’uomo. In marzo ad esempio il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite aveva approvato tre risoluzioni di condanna contro la politica di Israele nei territori occupati di Palestina e Siria.
In una lettera del 2008 diffusa su internet l’ex tecnico nucleare affermava: “Israele è stato fondato a condizione del sostegno alla Dichiarazione Universale dell'Onu sui Diritti Umani. Io chiedo al mondo che richieda ad Israele di onorarla e non solo in questo caso. Ognuno ha il diritto di lasciare qualunque paese, incluso il proprio, e di ritornare al proprio paese (articolo 13-2). Ognuno ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione; questo diritto include la libertà di mantenere opinioni senza alcuna interferenza e di ricercare, ricevere e comunicare informazioni ed idee attraverso qualunque media indipendentemente dalle frontiere (articolo 19)”.

(nell'immagine la prima pagina del Sunday Times del 1986 che costò a Vanunu il rapimento in Italia e 18 anni di carcere)

mercoledì 19 maggio 2010

Perché io spirito liberale scelgo GenerazioneItalia


Sinceramente non credevo che avrei scritto un post simile a così poca distanza di tempo dalla creazione di questo blog. Era il 25 ottobre 2009 quando inauguravo questo sito – cui avevo invitato a contribuire alcuni tra i miei migliori amici – scrivendo di Alberto Manzi e del suo encomiabile impegno ad educare attraverso la televisione tutti quegli italiani che per età, guerre e altre sventure si ritrovavano negli anni sessanta ancora analfabeti. L’esempio del maestro Manzi mi portò alla considerazione di quanto fosse indispensabile per l’Italia riavere gente come lui che insegnasse agli italiani i principi più basilari, non solo della lingua, ma anche della convivenza civile. 
Io credo infatti che questa Italia che amo alla follia abbia assoluto bisogno di una scossa che la faccia uscire dal suo torpore, di un movimento popolare che torni a insegnare e spiegare i valori sui quali deve costruirsi una repubblica: come   dice Gustavo Zagrebelsky, quando le usiamo, dovremmo fermarci un momento a considerare il vero significato delle parole. La res-publica è - lo dice lo stesso nome latino - la cosa di tutti. Quindi una cosa che tutti dobbiamo curare come nostra, tenerla stretta e non buttarla via, mai.
Durante questi mesi curare SpiritiLiberali mi ha consentito di elaborare un pensiero assolutamente critico su come venga gestita oggi la cosa pubblica e su quali non-valori imperversino nelle stanze di chi decide quale eletto dal popolo.

domenica 16 maggio 2010

Non è un paese per giovani


In Olanda e in altri paesi europei a vent’anni i giovani lasciano le proprie famiglie e iniziano ad avere loro responsabilità nella gestione della vita quotidiana. In Italia invece è considerato normale che un giovane di trent’anni viva ancora con i suoi genitori. Le tappe verso il passaggio alla vita adulta, come finire gli studi, cercare lavoro, uscire dalla famiglia, formare una coppia stabile e avere dei figli, si stanno dilatando nel tempo. La flessibilità del lavoro e la mancanza di interventi sociali fanno sì che se un giovane con un contratto a tempo determinato rimane senza lavoro, molto spesso è costretto a tornare a vivere con i suoi genitori.
L’economia italiana è in declino, e i primi a denunciarlo sono gli stessi industriali. Conserviamo il debito pubblico più alto di tutta l’Unione Europea, e questo contribuisce a impedirci di fare le riforme necessarie per rilanciare la nostra economia. La crisi finanziaria del 2007/2008 è piovuta sul bagnato: negli ultimi 15 anni l’Italia è cresciuta meno degli altri paesi europei.
La classe politica è vecchia, anacronistica, attaccata ai suoi scranni. L’Italia è l’unico paese dove quando si perdono le elezioni non si cambiano i leader, ma il nome del partito. Di fronte al fallimento, la parola “dimissioni” non esiste. Così che gli stessi che comandavano 20 anni fa, comandano ancora oggi. In politica, nelle università e nel lavoro i giovani sono mal visti, come dei potenziali avversari, come quelli che ti possono rubare il potere. In questa situazione ai giovani rimangono due soluzioni: la prima è andarsene, cercando gratificazioni in altri paesi; la seconda è rimanere e aspettare l’estinzione dei dinosauri.
Siamo vicini all’esplosione di conflitto intergenerazionale? E’ probabile. Tuttavia quello che so con certezza è che oggi i giovani italiani iniziano ad essere molto stanchi dell’immobilità del paese nel quale vivono. Ci sono molti segnali di una voglia generale di cambiare. Il problema che abbiamo di fronte però non è piccolo: non si trova chi possa raccogliere questa voglia di cambiamento.

(fonte immagine: l'Espresso)

lunedì 10 maggio 2010

O si fa l'Europa o si muore


Se Garibaldi fosse oggi un economista probabilmente muterebbe le sue storiche parole "qui si fa l'Italia o si muore!" in un più moderno "qui si fa l'Europa o si muore!". La ripresa che si è avuta oggi la si deve infatti ad una decisione storica destinata forse a cambiare le future sorti della UE non solo da un punto di vista economico, ma anche politico. Come scrive oggi infatti Andrea Bonanni su Repubblica, nel momento in cui scommette 750 miliardi di euro "sul proprio impegno a non permettere il fallimento di nessun paese della zona euro, di fatto l'Unione monetaria si impegna in una partita di solidarietà che inevitabilmente mette tutti i bilanci nazionali sulla stessa barca". Il colossale piano di salvataggio messo in atto potrebbe essere la spinta verso una politica fiscale comune, preludio ad una futura unione politica.
Tuttavia la sensazione che abbiamo oggi è che forse questo piano poteva essere varato ben prima. La Germania si è presa troppo tempo prima di dare il suo assenso ad una manovra che sembrava necessaria già tre mesi fa, quando si decise che bisognava fare qualcosa per la Grecia. Angela Merkel non ha capito che bisognava muoversi prima che arrivassero gli speculatori a colpire l'euro: timorosa di perdere consensi interni ha anteposto le elezioni del Nordreno-Westfalia alle priorità dell'europa. Perdendo comunque: forse sarebbe stato meglio concedere gli aiuti già tre mesi fa, e presentarsi alla prova elettorale del Land più popoloso di Germania come salvatrice dell'europa con tutto il tempo per recuperare lo svantaggio.

sabato 8 maggio 2010

Totti, Zidane e Balotelli


"Sul campo non si riescono sempre ad ignorare offese così pesanti a livello personale e insulti contro una città e un intero popolo". Sul sito ufficiale di Francesco Totti campeggia ancora oggi questa scritta. Più che una spiegazione sembra che il capitano giallorosso cerchi una scusa, come fece Zidane dopo aver rifilato la celeberrima testata a Materazzi durante la finale di Germania 2006. In quel caso il francese si giustificò davanti all'intera nazione dicendo sostanzialmente che se a un uomo si toccano la mamma e la sorella, questo non può esimersi da farsi giustizia da sé. Una nazione intera gli dette ragione e non ci fu nemmeno bisogno di perdonarlo. 
Totti segue la stessa linea: chiama a raccolta il suo popolo sapendo che questo è sempre e comunque con l'ottavo re di Roma. Di più: un'offesa a Totti e un'offesa a Roma sono le stessa cosa.
Chi ha giocato seriamente a calcio sa che gli insulti sono all'ordine del giorno durante le partite. Ci sono sempre stati e sempre ci saranno perché sono il metodo più facile per destabilizzare psicologicamente l'avversario e non costano nulla: se vieni insultato da un avversario ti girano, ma mica puoi chiedere all'arbitro di ammonirlo!
Sarebbe più onesto in questi casi ammettere i veri motivi per cui vai a rincorrere Balotelli rifilandogli il calcione da dietro: perchè stai perdendo la Coppa Italia e non ci puoi fare nulla, perchè l'Inter è più forte e vincerà anche il campionato, perchè è un momento di merda e ti tocca anche entrare anche dalla panchina con la squadra già sotto, vuoi spaccare tutto ma stasera sei solo in grado di spaccare la gamba a quel negro che ti ha rubato la palla.

giovedì 6 maggio 2010

Il piano americano per affondare l’Euro


Il 27 aprile Standard & Poor’s declassa il debito greco da BBB a BB+, cioè "junk" (spazzatura). Lo stesso giorno declassa il rating a lungo termine del Portogallo ad A- da A+. Il 28 aprile la stessa società di rating colpisce anche la Spagna tagliando il suo merito di credito e portandolo ad AA dal precedente AA+. Oggi entra in scena Moody’s lanciando un allarmistico proclama secondo il quale il pericolo che la crisi greca coinvolga altri paesi europei, comprese le banche italiane, è concreto. Di diverso avviso è però Fitch, la terza grande agenzia di rating, la quale – per ora – dichiara che l’Italia reagisce bene alla crisi ed il suo rating avrà un andamento stabile nel prossimo futuro. Tuttavia lo strillone di Moody’s oggi ha fatto perdere a Piazza Affari il 4,26%. L’euro è scivolato a 1,27 dollari, record negativo annuale. E proprio l’euro sembra essere il vero obiettivo degli speculatori.
Erano i primi di febbraio quando al numero 100 della 63ª strada di Manhattan si sedettero per una cena insieme le migliori menti speculative americane, compresi gli emissari dei tre gestori di hedge fund più ricchi e potenti del mondo: George Soros, John Paulson e Steven Cohen. Tutti insieme a parlare di euro. La notizia non era stata per nulla nascosta, anzi. Solo oggi però vediamo quel piano messo in pratica. Sembra proprio che la moneta unica europea abbia avuto in questi anni troppo successo, tanto da rimpiazzare in molte parti del mondo il dollaro, e che per questo vada punita.
La strategia messa a punto quell’8 febbraio dentro il ristorante Park Avenue Winter è molto sofisticata e parte dalle speculazioni sui debiti sovrani dei Piigs. L’obiettivo degli speculatori americani, e soprattutto di Soros - autore recentemente di una feroce campagna di stampa contro l’euro - è riportare il dollaro alla parità con l’euro, per consentirgli di riguadagnare il suo ruolo di moneta guida mondiale, un tempo indiscusso.

martedì 4 maggio 2010

Il paradosso liberalsocialista: troppo bravi per governare


Sul Corriere dell’8 aprile 2010 Sergio Romano rispondendo ad un gruppo di studenti che gli chiedeva informazioni riguardo ai liberalsocialisti italiani, ne faceva una breve ma interessante analisi che questo blog non può esimersi dal riproporre.

“…è appena apparso, presso il Centro Editoriale Toscano, un libro a cura di Michela Nacci che s’intitola per l’appunto «Figure del liberalsocialismo ». Comprende una serie di profili biografici italiani, da Carlo Rosselli a Riccardo Bauer, da Guido Calogero a Piero Calamadrei, da Aldo Capitini ad Adriano Olivetti, e alcuni saggi dedicati ai grandi «profeti»: John Stuart Mill, Bertrand Russell, John Dewey, José Ortega y Gasset.
Questo elenco incompleto di nomi noti e rispettati dovrebbe bastare a darvi di per sé un segno dell’importanza del movimento.
Eppure è anche, contemporaneamente, una dimostrazione della sua modesta fortuna politica. Con l’aiuto di Michela Nacci, che ha premesso al libro una eccellente introduzione, proverò a spiegarvene le ragioni.
Il liberalsocialismo è probabilmente il più nobile e promettente dei numerosi movimenti di «terza via» sorti nel mondo occidentale tra Ottocento e Novecento. Nasce dall’esigenza di evitare che liberalismo e socialismo, se spinti sino alle loro estreme conseguenze, producano più danni che vantaggi: un capitalismo spietato e rapace, un socialismo oppressivo e livellatore.
Per salvare il meglio dell’uno e dell’altro occorre definire un modello che rispetti e promuova tutte le libertà, da quelle politiche a quelle economiche e civili, ma si dimostri sensibile ai problemi della povertà, dell’educazione, dello sviluppo sociale. Le difficoltà sorgono naturalmente quando occorre tracciare la frontiera tra le due esigenze, e sono tanto maggiori, paradossalmente, quanto maggiori sono le doti individuali e il brio intellettuale dei singoli liberalsocialisti.

lunedì 3 maggio 2010

Il discorso agli studenti milanesi di Piero Calamandrei (1955)



"La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino ipaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegiare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono... Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai.

domenica 2 maggio 2010

Editti bulgari


Sofia, 18 aprile 2002. “L'uso che Biagi... Come si chiama quell'altro? Santoro... Ma l'altro? Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”.
Roma, 22 aprile 2010. “In questi ultimi mesi e giorni il nostro partito è stato esposto al pubblico ludibrio da parte di presenze in televisione di Bocchino, di Urso, di Raisi!”.

Gli anni passano ma lo stile delle liste di proscrizione rimane il medesimo. Che sia diretto a nemici esterni o questa volta interni. Le somiglianze tra il famoso editto bulgaro che epurò dalla Rai Biagi, Santoro e Luttazzi e quello pronunciato da B. durante il suo intervento alla riunione della Direzione Nazionale del Pdl si sprecano.
In entrambi i casi i soggetti passivi sono persone fermamente critiche con la persona e la politica di B. In entrambi i casi hanno l’avventatezza di manifestare il loro pensiero in televisione. In entrambi i casi vengono scanditi con chiarezza i nomi di chi deve pagare. Tre nomi. Tre colpevoli. Ieri Biagi Santoro Luttazzi. Oggi Bocchino Urso Raisi. Semplice e diretto, come solo Lui sa fare.
Che gli editti una volta emessi vengano eseguiti, si sa. «Non è accettabile che il Presidente del Consiglio chieda la mia testa solo perché ho avuto l’ardire di partecipare a una trasmissione televisiva. Con l’aggravante che avrei rappresentato la “minoranza” del Pdl davanti a milioni di telespettatori. Obama, Merkel, Sarkozy non avrebbero mai nemmeno lontanamente immaginato di fare una cosa del genere». Queste le parole di Italo Bocchino, il primo a saltare, costretto a dare le dimissioni dalla carica di capogruppo vicario dei deputati del Popolo della libertà. Chi sognava di cambiare da dentro il Pdl si è risvegliato bruscamente. Esso è e rimane il partito di una persona. Il suo potere è l’unico collante a tenerlo unito.