giovedì 24 febbraio 2011

Bravo, burro!


Dal libro meno conosciuto di John Fante. Una storia per ragazzi che, come spesso accade, parla a tutti. Soprattutto ai "grandi".  
[...] - Vogliamo che sappiate che i nostri salari non sono importanti, patrón. Avremo un buon raccolto, e...
- Perchè tutte queste storie, Roberto?
- Non dovete vendere il toro per noi... per la hacienda -. Gli mancarono le parole e si sbattè il cappello su una gamba. - Vogliamo dirvi che, qualsiasi cosa decidiate di fare, potete contare su di noi. 
Questa manifestazione di lealtà lasciò don Francisco senza parole. Tutto ciò che seppe fare fu guardare i volti di quei lavoratori e sorridere loro con accorta gratitudine. Poi entrò in casa. 
In quel momento Carlos stava chiudendo le porte della biblioteca dietro Hermano e don Castillo. Padre e figlio si ritrovarono l'uno di fronte all'altro, il giovane ancora consapevole dell'ira di don Francisco nei suoi confronti per l'arrivo di don Castillo.
- Vieni qui, Carlos, - disse il padre con tono piatto. Carlos gli si avvicinò al centro dell'atrio. Il vecchio lo guardava fisso negli occhi, pensieroso. E finalmente parlò. 
- Vendi il toro, - disse. 
D'improvviso gli occhi di don Francisco si riempirono di lacrime. Stupefatto e sopraffatto dalla compassione, Carlos avrebbe voluto stringere suo padre in un abbraccio, ma il vecchio orgoglioso sollevò il mento e velocemente si avviò per le scale. [...]

mercoledì 23 febbraio 2011

Back to 1977


C'è un episodio nella storia dell'Msi che sembra fatto apposta per tentare di spiegare cosa stia succedendo oggi nel Fli: è quello di Democrazia Nazionale - Costituente di Destra, partito politico nato nel febbraio 1977 (ma solo in Parlamento) dalla omonima corrente moderata del Msi-Dn. Sotto il profilo politico, la rottura fu motivata con l’indisponibilità di Giorgio Almirante a sostenere in Parlamento il governo monocolore di Andreotti, detto della “non sfiducia”. A giudizio degli esponenti demonazionali, l’astensione avrebbe invece evitato l’accelerazione del processo di convergenza tra Dc e Pci. Tra l'ala parlamentarista più moderata e la base più radicale, Almirante opta per il male minore: quello di perdere per strada un pezzo del vertice, piuttosto che la quasi totalità dei giovani e della base.
«In vista dell’XI congresso del 1977 il partito si spacca in due, con l’ala rautiana che fa blocco intorno al segretario e quella moderata che sogna un partito di destra “a-fascista” pronto per il governo, alleato della Dc. Nei gruppi dirigenti la frattura è verticale, l’esito inevitabile la scissione. Se ne vanno la maggioranza dei deputati (diciassette su trentacinque), più della metà dei senatori (nove su quindici), cinquantun consiglieri provinciali su centoquaranta, il presidente dei deputati, Ernesto De Marzio, quello dei senatori, Gastone Nencioni, tredici consiglieri regionali su quaranta, il responsabile del movimento giovanile, trecentoquindici consiglieri comunali. Eppure, malgrado un simile salasso, il partito resta con il suo leader, non una sola federazione abbandona Almirante. Alle elezioni politiche del 1979, le prime in cui si presenta da solo, il nuovo raggruppamento, che assume il nome di Democrazia nazionale, fa un buco nell’acqua. L’Msi perde qualche punto in percentuale e tira un sospiro di sollievo, assestandosi al 5,3 per cento. Democrazia nazionale, invece, mette insieme lo 0,62 per cento, non raggiunge il quorum e scompare nel nulla, ennesima meteora politica della storia repubblicana» (Luca Telese, Cuori Neri, 2006).

lunedì 21 febbraio 2011

Ich bin ein libysch

Tra un dittatore che paga mercenari e fa sparare razzi e bombe sulla folla, e un popolo che scende in strada per chiedere una ripartizione delle ricchezze del paese più giusta e più libertà, non bisognerebbe rimanere neanche un minuto a pensare da che parte stare.

Fermo da Repubblica.it

domenica 20 febbraio 2011

No, la prefazione di Barbareschi no


Va bene tutto, ma la prefazione di Luca Barbareschi al Fascista Libertario di Luciano Lanna non la potevo proprio vedere. Oggi poi. Così è stato più forte di me. Ho dovuto strapparla.  

venerdì 18 febbraio 2011

Nel ricordo dell'esodo l'Italia recuperi il sentimento di unità


Fortunatamente quest’anno le celebrazioni della giornata del ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata si sono svolte in assenza di sterili polemiche. Anche Piacenza, nel suo piccolo, ha adempiuto al suo dovere intitolando finalmente un’area pubblica a chi lasciò la vita nel Carso e soffrì tanto nell’abbandonare per sempre la propria Patria.
Purtroppo solo negli ultimi 10-15 anni è stata recuperata questa pagina strappata dalla Storia italiana. Come ha ben detto il Presidente Napolitano, l’Italia è rimasta ostaggio del proprio passato troppo a lungo.
La memoria di queste tragedie è stata per troppo tempo nascosta. L’istituzione della giornata del ricordo è stato così un modo per porre riparo a quella sorta di damnatio memoriae che ha a lungo coperto tutta la vicenda, per ragioni di ordine interno e internazionale. Da una parte, era infatti difficile per l’Italia repubblicana nata dalla Resistenza ammettere gli eccessi della Resistenza rossa, e quindi le stragi comuniste dei titini e quelle pagine non nobili del Pc italiano, quando Togliatti stesso invitava i triestini ad accogliere le truppe iugoslave come liberatrici. Dall'altra parte, sul versante internazionale, la damnatio memoriae era dovuta al fatto che quando Tito ruppe con Mosca e divenne il capo dei non allineati, diventò funzionale al mondo occidentale, quindi un uomo da non toccare, dipinto come grande statista di cui venivano nascoste le malefatte, mistificando l’accaduto.

giovedì 17 febbraio 2011

Il mondo ci guarda (male)


In novembre sono tornato a Madrid. Come sempre, pressato dalle domande, sono finito a spiegare ad alcuni ragazzi spagnoli il rapporto tra Berlusconi e gli Italiani. Un rapporto malato, fondato su una rivoluzione culturale che ha portato all'anestetizzazione della coscienza civile, ma che la Spagna guarda con particolare attenzione (e le prime pagine dei quotidiani iberici qui sopra lo mostrano molto bene); perchè? Hanno semplicemente paura che un Berlusconi possa capitare anche a loro.

Immagine di Nonleggerlo

mercoledì 16 febbraio 2011

L'Alto Adige svenduto per due astensioni


Tra le dirette conseguenze della risicatissima maggioranza in Parlamento, c'è un Governo in ostaggio dell'Svp e dei suoi due voti, determinanti nella situazione attuale. Forte di questo potere di minaccia, l'Svp in queste settimane è riuscita a portare a casa lo smembramento del Parco dello Stelvio, il contingente di polizia bilingue (la norma di attuazione prevede, per i candidati con il patentino di bilinguismo, una riserva di posti nel reclutamento delle forze di polizia e la garanzia di personale in grado di parlare in italiano e tedesco secondo la mansione ricoperta) e, in cambio dell'astensione sulla sfiducia a Bondi, il depotenziamento di alcuni monumenti altoatesini, primo fra tutti il Monumento alla Vittoria di Bolzano
Viene da chiedersi che fine abbiano i custodi della tradizione della vera "Destra" (quelli che destra si scrive sempre con la d maiuscola) al governo. Dove sono quando si mette in dubbio l'unità nazionale, si dileggia la bandiera, si insulta l'inno nazionale, si riscrive la storia della nostra Patria? Dove sono quando Luis Durnwalder, presidente della provincia di Bolzano, conscio del potere datogli da quei due seggi in Parlamento, si permette di provocare lo Stato e annunciare che non parteciperà ai festeggiamenti per l'Unità d'Italia? [Un'Italia che gli versa 26.708 euro lordi al mese].
Ebbene, sono in Consiglio dei Ministri, a svendere l'Alto Adige e la storia dell'Italia per due astensioni. "Destra" in bocca a loro rimane una parola vuota, uno slogan, qualcosa da ripetere all'infinito. Che così, è più facile da urlare. 

Nella foto, uno dei manifesti della campagna di denuncia di Casapound contro il ministro Bondi. L'associazione organizza un corteo nazionale a Bolzano il 5 marzo dal titolo "Bolzano è Italia. Quanto scritto col sangue degli eroi non si cancella con la saliva dei politici". 

martedì 15 febbraio 2011

A new start


A new start. Un nuovo inizio. A Milano due giorni fa è nato Futuro e Libertà. Io c'ero. Come c'ero a Mirabello, Bastia Umbra, Bologna. C'ero perché questa Italia che amo si sta perdendo per strada, consumata da odio e invidia. Bloccata da caste corporazioni baronati. Spogliata da corrotti corruttori rapaci. Ingannata da mercanti di bugie. Ferma per colpa di una classe politica che, chiusa nei suoi palazzi, attaccata ai suoi scranni, ha perso il più assoluto contatto con il paese reale. I ladri di oggi non stanno per strada, ma siedono nei consigli di amministrazione delle società partecipate.
Il prezzo che i buoni pagano per l'indifferenza agli affari pubblici è essere governati dai malvagi. Lo diceva Platone. Mica uno scemo qualsiasi. 
Molti si chiederanno perchè Futuro e Libertà, perchè Fini. Io risponderò perchè è l'unico partito, l'unico insieme di donne e uomini che sta dimostrando di volere un serio ricambio generazionale, senza imposizioni di capi e capetti dall'alto. Qui si può costruire qualcosa. Qui i giovani verranno valorizzati. Qui si faranno i congressi e la base sceglierà i dirigenti locali. Qui si difenderà la legalità, si supererà il populismo per riunire la nostra Patria. Si spegnerà la televisione e si accenderà il web. Si sosterranno riforme per lasciarci indietro il nuovo medioevo italiota. Si punterà sulla cultura, perchè la scuola è la società e l'ignoranza è forza per chi ci governa. Da qui partiremo per riprenderci l'Italia.

Cambierò io e cambierà un po' anche questo blog. Meno di quegli articoli lunghi che leggiamo solo la domenica al bar, più idee e segnalazioni. Meno commenti, più riflessioni. Più futuro. Più libertà. E, si spera, meno Berlusconi. 

giovedì 10 febbraio 2011

Sono stati gettati vivi nel vuoto


"Siamo giunti al dunque. La foiba è là, sotto di me, la luna ne rischiara una parte esposta alla sua luce. Un’altra, invece, è completamente oscura, non si riesce neppure a scorgerne il fondo.
Siamo arrivati! L’alt intimato dalla guardia mi dice che in quel posto verrà messa fine alla nostra vita".

Graziano Udovisi, L'ultimo testimone 

mercoledì 9 febbraio 2011

Ricordando Perugia e Barbara Contini



Stasera ho voglia di ricordare Barbara Contini. L'intervento più bello di Perugia è stato il suo. Spontaneo, a braccio, chiaro, completo, commosso.  Emozionante.

martedì 8 febbraio 2011

Cicerone: "Come il ricco può sottrarsi alla giustizia" (70 a.C.)


[...] L’occasione più fortemente desiderata, o giudici, la sola veramente adatta a sedare l’antipatia verso la vostra classe e il discredito per l’istituto giudiziario, vi è data in un momento critico per lo Stato, non da consiglio umano, ma quasi dal volere divino. Da lungo tempo ormai s’è diffusa, non solo tra noi, ma anche fra gli altri popoli, l’opinione, esiziale per la repubblica e per voi rischiosa che, con l’attuale sistema giudiziario, un uomo ricco può, per quanto colpevole, sottrarsi alla giustizia. Ora appunto, in un momento così delicato per la vostra classe e per il potere giudiziario, mentre v’è gente pronta a tentare, con pubblici dibattimenti e proposte di legge, di suscitare quest’odio contro il senato, si presenta dinanzi a voi come imputato Gaio Verre, uomo già condannato dalla pubblica opinione per la sua vita di misfatti, ma che, stando alle sue speranze e affermazioni, è stato, grazie ai suoi ingenti mezzi finanziari, già assolto. Io ho abbracciato questa causa, o giudici, col pieno assenso e la viva aspettazione del popolo romano, non per accrescere l’ostilità verso il vostro ordine, ma per porre un argine al generale discredito. Ho portato dinanzi a voi un uomo, che vi offre la possibilità di ridare alla giustizia la perduta stima, di riconciliarvi col popolo romano, di dare soddisfazione ai popoli stranieri; un uomo che è stato il grassatore del pubblico erario, l’oppressore dell’Asia Minore e della Panfilia, predone della giustizia da lui amministrata come pretore urbano, peste e rovina della provincia siciliana. Se voi lo giudicherete con rigore e secondo coscienza, resterà saldo quel prestigio che è vostro compito preservare; se invece le sue ingenti ricchezze riusciranno a spuntarla sul rispetto della legge e sulla verità, raggiungerò almeno lo scopo di provare che ai giudici non è mancato un accusato, né a questo un accusatore, ma è mancato piuttosto alla repubblica il suo tribunale. [...]

Cicerone, le Verrine

lunedì 7 febbraio 2011

Il pagliaccio triste


Luca Barbareschi non ha mai detto di voler uscire da Fli. Oggi scopriamo infatti che è stata tutta una “bella provocazione mediatica”. Anzi, Fini e il partito gliene dovrebbero essere grati. Probabilmente domani sapremo che quello che è andato ad Arcore non era Barbareschi, ma la sua controfigura. E che se ha votato l’astensione sul caso Ruby, l’ha fatto solo per scherzo. Anche la foto del pulsante rosso era una burla.
Dice “non sono un pagliaccio, voglio le scuse di Fini”. Ma Barbareschi dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso perché i casi sono due: o è un grandissimo pagliaccio e noi non abbiamo capito lo “scherzone” a vantaggio del Fli, o ci sta ancora prendendo tutti in giro, e anche in questo caso la nomina di pagliaccio se la sta guadagnando ad honorem.
Dice “questa settimana ho messo in atto la più grande e più bella provocazione mediatica: senza aver detto nulla, perché non esiste alcuna mia dichiarazione in cui dico che lascio Fli”. Sinceramente Barbareschi mentre pronuncia queste parole ha la stessa credibilità di Berlusconi quando afferma di essere convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak.
Se c’è qualcuno che deve ricevere delle scuse, quelli sono prima di tutto i militanti e i simpatizzanti di Fli. Quelli che erano a Perugia mentre Barbareschi declamava commuovendosi il manifesto, quelli che in questi mesi sono andati ad ascoltarlo convinti di avere davanti una persona affidabile che credeva più di tutti gli altri in questo progetto, che sentiva “come un figlio”, quelli che ogni giorno si impegnano per dare veramente credibilità a questo nuovo soggetto politico.

giovedì 3 febbraio 2011

Intervista senza intervistatore



La scalata del tg1 è inarrestabile. Con l'intervista di ieri sera a Silvio Berlusconi il direttorissimo Minzolini ha raggiunto una nuova vetta: quella dell'intervista senza intervistatore. Il Premier e il "giornalista" non vengono mai inquadrati insieme, neanche una volta.