giovedì 6 maggio 2010

Il piano americano per affondare l’Euro


Il 27 aprile Standard & Poor’s declassa il debito greco da BBB a BB+, cioè "junk" (spazzatura). Lo stesso giorno declassa il rating a lungo termine del Portogallo ad A- da A+. Il 28 aprile la stessa società di rating colpisce anche la Spagna tagliando il suo merito di credito e portandolo ad AA dal precedente AA+. Oggi entra in scena Moody’s lanciando un allarmistico proclama secondo il quale il pericolo che la crisi greca coinvolga altri paesi europei, comprese le banche italiane, è concreto. Di diverso avviso è però Fitch, la terza grande agenzia di rating, la quale – per ora – dichiara che l’Italia reagisce bene alla crisi ed il suo rating avrà un andamento stabile nel prossimo futuro. Tuttavia lo strillone di Moody’s oggi ha fatto perdere a Piazza Affari il 4,26%. L’euro è scivolato a 1,27 dollari, record negativo annuale. E proprio l’euro sembra essere il vero obiettivo degli speculatori.
Erano i primi di febbraio quando al numero 100 della 63ª strada di Manhattan si sedettero per una cena insieme le migliori menti speculative americane, compresi gli emissari dei tre gestori di hedge fund più ricchi e potenti del mondo: George Soros, John Paulson e Steven Cohen. Tutti insieme a parlare di euro. La notizia non era stata per nulla nascosta, anzi. Solo oggi però vediamo quel piano messo in pratica. Sembra proprio che la moneta unica europea abbia avuto in questi anni troppo successo, tanto da rimpiazzare in molte parti del mondo il dollaro, e che per questo vada punita.
La strategia messa a punto quell’8 febbraio dentro il ristorante Park Avenue Winter è molto sofisticata e parte dalle speculazioni sui debiti sovrani dei Piigs. L’obiettivo degli speculatori americani, e soprattutto di Soros - autore recentemente di una feroce campagna di stampa contro l’euro - è riportare il dollaro alla parità con l’euro, per consentirgli di riguadagnare il suo ruolo di moneta guida mondiale, un tempo indiscusso.
Quando fu creato il primo acronimo Pigs, questo non conteneva ancora l’Italia, paese finanziariamente molto più solido di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Furono questi signori ad inserirci in un secondo tempo: perché non si sa mai, l’appetito vien mangiando, ma soprattutto perchè una caduta del Belpaese comporterebbe la sicura scomparsa dell’euro.
Le agenzie di rating hanno iniziato a soffiare sull’incendio. Ma come possiamo fidarci della loro buona fede? Esse sono poche, poco diversificate e tutte americane. Michel Barnier, Commissario europeo alle finanze le ha accusate di aiutare Wall Street a scommettere al ribasso contro il ventre molle dell’Ue e contro l’euro. A suo giudizio, e a giudizio di numerosi leader europei, le catastrofiche analisi delle agenzie di rating e la tempistica dei loro annunci favoriscono le speculazioni delle banche e degli hedge fund americani tramite i CDS o Credit defaults swaps, derivati assicurativi contro la bancarotta dei paesi più esposti e il crollo dell’euro. Anche il presidente della BCE, Jean-Claude Trichet, ha puntato il dito contro le agenzie di rating che esasperano i sentimenti del mercato gettando benzina sul fuoco della speculazione.
Resta infine da domandarsi come ci si possa ancora fidare di chi è stato tra le cause della crisi che stiamo vivendo. Le agenzie di rating con i loro voti altissimi regalati ai derivati sui mutui subprime (AAA, ma quelli sì veramente spazzatura) si sono rivelate avere gravissimi conflitti di interessi con le grandi banche finanziarie americane.