giovedì 15 aprile 2010

Chi ha paura muore ogni giorno. Il pool antimafia s'insegni a scuola.


Tre anni fa Giuseppe Ayala, ex magistrato del pool antimafia di Palermo, ha scritto un libro, forse poco pubblicizzato: Chi ha paura muore ogni giorno. I miei anni con Falcone e Borsellino. Il libro ha superato le 70.000 copie, ma le soddisfazioni più grandi Ayala le avute in questi anni andandosene in giro per scuole medie e licei per raccontarlo ai più giovani. 
In ogni scuola i ragazzi partecipano attivamente agli incontri, fanno molte domande, sono affascinati dalla storia del pool, formato "non da supereroi ma da uomini normali che credevano in quello che facevano". Leggo su Sette che ai tantissimi inviti che arrivano quotidianamente ad Ayala da tutta Italia, si è aggiunta di recente una proposta di riscrivere il libro adattandolo come testo per le scuole medie e superiori. La proposta è da sostenere con forza e spero che si possa presto realizzare.
Una volta ho visto l'immagine di un vecchio manifesto della DC: "La Scuola è la Società". La massima è di una verità indiscutibile: la società del domani è formata dagli studenti di oggi. La scuola non può rinunciare ad insegnare il giusto e il sbagliato. Non può rinunciare a spiegare il fenomeno mafioso, anche nella sua complessità atavica. 
Voglio riportare alcuni passaggi del libro, a mio parere, particolarmente interessanti.

"... A distanza di tanti anni, ricordando e quasi rivivendo quella drammatica, lunga e intensa esperienza, mi rendo conto del perché il sarcasmo e l’ironia aleggiassero su di noi così spesso. Era banalmente il cercare di ridere per non piangere. Facevamo una vita che definire di merda mi pare eufemistico. Almeno qualche risata, no? Tutto sommato ci bastava poco.
... La mafia non è affatto più forte dello Stato. È molto più debole. Ma se il potenziale vincitore gioca la partita con la formazione sbagliata, fa un favore a quello che dovrebbe essere il perdente, o no?
... La mafia non è affatto figlia del sottosviluppo, come si vuol far credere, per la semplice ragione che ne è la madre. Per rendersene conto, è sufficiente misurare quanto è lunga la schiera di imprenditori che si astengono dall’investire in Sicilia per timore di diventarne vittime. Il tutto a scapito degli stessi siciliani, che perdono nuove opportunità di lavoro, di benessere e di crescita civile.
... Lo Stato aveva deciso di fermare se stesso proprio nel momento in cui stava registrando risultati esaltanti. E perché? Perché la mafia ce l’aveva dentro."

Ho letto il libro di Ayala e sono andato ad ascoltarlo quando è venuto nella mia città. La storia che racconta è una parte essenziale della Storia d'Italia. Leggendo della creazione del pool antimafia e della sfida rivoluzionaria del maxi-processo del 1986, si capisce come il tempo dell'antimafia debba dividersi in due tronconi: prima di Giovanni Falcone e dopo di lui.

(nella foto, la statua che fu collocata nell’atrio della scuola dell’FBI a Quantico, Virginia, perché tutti i futuri agenti vi passassero davanti due volte al giorno)