mercoledì 2 dicembre 2009

Lukashenko, l'ultimo dittatore d'Europa


“Non permetterò che il mio governo segua il mondo civilizzato”: con queste parole Alexander Grigoryevich Lukashenko, Presidente della Bielorussia dal 20 luglio del 1994, cerca di illustrare la sua linea di governo. Si fa chiamare Bat’ka, “padre”.
“La storia della Germania è una copia della storia della Bielorussia. La Germania fu riportata in alto dalle rovine grazie ad una ferma autorità e non tutte le cose connesse alla figura di Hitler sono state cattive. L’ordine tedesco si evolse durante i secoli e raggiunse il suo picco sotto Hitler”: così si esprime Lukashenko in una controversa intervista del 1995.
Nel marzo del 2006 migliaia e migliaia di bielorussi marciano in fila per le strade e protestano per i brogli elettorali. L. vi manda contro la polizia in assetto antisommossa. Si interviene duramente per stroncare la protesta che l'opposizione inscena nella centrale piazza Oktiabrskaia di Minsk dal giorno delle elezioni vinte - fraudolentemente, secondo i manifestanti e secondo l’Osce e molti Paesi occidentali - da Lukashenko.
Aleksandr Kazulin, lo sfidante di Lukashenko alle presidenziali del 2006, è stato condannato a cinque anni di reclusione ed è rimasto in carcere per due. L’attivista Yana Palyakova in quei due anni si occupa del dossier Kazulin e promuove manifestazioni per il suo rilascio. Diventa un bersaglio delle autorità; viene arresata e picchiata, perseguitata con minacce anonime, aggressioni fisiche, telefonate della polizia in piena notte. Distrutta psicologicamente si suicida il 7 marzo 2009.
Uno dei maggiori problemi in Bielorussia rimane la libertà di stampa. Secondo il Freedom House Index 2008, la Bielorussia è al 188° posto e solo sette paesi sono posizionati peggio: Uzbekistan, Cuba, Eritrea, Libia, Turkmenistan, Birmania e Corea del Nord. Tuttora nel 2009 i giornalisti che riportano notizie dal Paese devono nascondere i loro veri nomi per proteggere sé stessi dalle persecuzioni del Kgb bielorusso e delle forze speciali.
Il 14 agosto 2009 un corrispondente e un cameraman del canale russo NTV sono stati arrestati dopo aver intervistato i familiari di alcune persone scomparse tra il maggio del 1999 e il luglio del 2000. La squadra di NTV è stata espulsa il giorno stesso dal Paese. Le loro sim-card e le cassette con il materiale video girato sono stati confiscati dagli agenti del Kgb.
La piaga delle persone scomparse continua ad affliggere la Bielorussia. Per far comprendere il potere assoluto di L. riportiamo un fatto avvenuto qualche settimana fa e raccolto da una giornalista di Radio Popolare. Una sua collega canadese era riuscita ad avere un’intervista esclusiva con il Presidente, evento già di per sé eccezionale. Questa gli aveva raccontato la storia di un ragazzo che era sparito misteriosamente. La famiglia era disperata; per errore era stato scambiato per una spia della resistenza. Intenerito da chissà quali parole L. ha fatto liberare il ragazzo la mattina seguente, e questi non è più stato toccato.
L. non riceveva una visita “occidentale” da più di dodici anni. A porre fine a questo periodo di isolamento ci ha pensato il Presidente del Consiglio italiano, che nell’occasione ha pronunciato le seguenti parole: “Grazie a lei ma anche alla sua gente, che so che la ama, e questo è dimostrato dai risultati delle elezioni, che sono sotto gli occhi di tutti, che noi apprezziamo e conosciamo. Tanti auguri a lei e al suo governo”. Che la realpolitik imponga relazioni anche con personaggi e paesi scomodi per approfittare dei vantaggi politici ed economici che da questi si possono ricavare, è risaputo e generalmente ammesso. Ciò non significa però che l’Italia, uscita ella stessa da una dittatura nel modo peggiore, dopo aver guadagnato la democrazia col sangue, possa prostrarsi sempre al despota di turno.