A prescindere da come si concluderà nel breve periodo la fastidiosa vicenda che sta mettendo a rischio l’esistenza stessa di una testata storica come il Secolo d’Italia, ciò che appare chiaro è che il futuro riserverà in ogni caso grandi cambiamenti al quotidiano di via della Scrofa. Sarà inevitabile recidere i legacci che ora lo tengono stretto anche a chi lo considera sprezzantemente come “un house organ e non un giornale di destra” (La Russa). In verità il Secolo d’Italia non è il mattinale di Futuro e Libertà: semmai è Fli che sta concretizzando nella sua azione idee e prospettive anticipate dal Secolo. In questo senso la politica del quotidiano si è rivelata assolutamente vincente: l’idea di portare in edicola un giornale post-An, anticonformista e capace di riconoscere e valorizzare le ragioni degli altri, ha consentito di raddoppiare i lettori.
Il Secolo è diverso dagli altri giornali “di destra”, perché è l’unico che, nel suo piccolo, ha avuto la volontà e la capacità di assumere il ruolo di avanguardia culturale per provare a delineare un nuovo futuro. Ancora oggi si parla spesso di egemonia culturale della sinistra: bisogna ammettere che a leggere Il Giornale, Libero o La Padania, essa è pienamente giustificata. Quello diretto da Flavia Perina è l’unico quotidiano che prova a scardinare quegli schemi preimpostati che assegnano alla cultura di destra un valore minoritario.