venerdì 9 luglio 2010

Horror Show: l'Aquila era già morta, Fini fuori dalle palle


Giorgio Clelio Stracquadanio (Pdl, ex Forza Italia), alla Camera dei Deputati: "Bisogna dire qualche verità. Un sindaco di una città governa, non incita alla rivolta. Se ha qualcuno con cui deve protestare è di fronte allo specchio... Se si fosse fatta L'Aquila 2 gli oneri di urbanizzazione sarebbero stati più semplici... Noi abbiamo offerto all'Aquila una vocazione che non aveva più o che aveva perso, perchè quella era una città che stava morendo indipendentemente dal terremoto. E il terremoto ne ha certificato la morte civile. Il governo ha proposto all'Aquila di fare una grande università di carattere internazionale, una nuova Harvard italiana, e ci è stato risposto che volevamo cementificare... Siamo noi che dobbiamo andare all'Aquila a manifestare contro di loro, e non il contrario".


Iva Zanicchi (Eurodeputata Pdl, ex Forza Italia), a RadioDue : "Va' che mi sta sulle palle. Fini non è del Pdl. Ma che fondatore... anch'io ho fondato l'asilo... [incompresibile] Io stimo tanto Fini però fuori dalle palle... No, io stimo tanto Berlusconi. Mi auguro e spero che lui possa ancora una volta con una zampata da leone, qual'è, riesca a risistemare le cose".

giovedì 8 luglio 2010

Sciopero della stampa anti-bavaglio: che errore!


Questa volta Vittorio Feltri ha ragione. La sua lettera pubblicata sul Giornale la settimana scorsa ha colto nel segno e insinuato seri dubbi sull'utilizzo dello sciopero come forma di protesta contro il ddl intercettazioni: "Cari giornalisti con una scelta linguistica efficace avete definito 'legge bavaglio' la normativa che disciplina le intercettazioni vietandone la pubblicazione. E allo scopo di protestare contro la prossima approvazione del bavaglio ve lo mettete in anticipo e volontariamente. Infatti, dopo la manifestazione di ieri, l'8 luglio scioperate e i giornali non saranno in edicola. Fantastico. Non sapevo che il diritto di dare le notizie si difendesse non dandole". Touché. 
Anche il suo acerrimo nemico Marco Travaglio si è mostrato in questo caso d'accordo con Feltri. Ieri ha ripreso la questione sul Fatto, rivolgendosi alla Federazione nazionale della stampa, la quale ha indetto lo sciopero per domani 9 luglio: siamo "sicuri che la forma più efficace di protesta contro il bavaglio sia autoimbavagliarci per un giorno? Non sarebbe meglio uscire tutti in edizione straordinaria, listata a lutto, in forma di dossier con le intercettazioni e gli atti d’indagine più importanti di questi anni che, col bavaglio in vigore, non avremmo potuto pubblicare? Chi protesta contro il bavaglio lasciando campo libero ai trombettieri dell’imbavagliatore ricorda quel tale che, per far dispetto alla moglie, si tagliò… bè, ci siamo capiti."

mercoledì 7 luglio 2010

L'acqua della Patagonia nelle mani dell'ENEL


Luís Infanti, vescovo della Patagonia cilena, sta portando avanti un’audace battaglia contro il progetto HidroAysén, il quale minaccia 12 riserve forestali protette, con 15.645 devastati dagli impianti, e altri 4.6 milioni di ettari di paesaggi naturali degradati: un elettrodotto ad alta tensione attraverserà la Patagonia, fino alla capitale, con 2.200 chilometri di linee ad alta tensione, toccando otto regioni e 64 comuni. Il progetto è oggi portato avanti da Enel, la quale nel 2009 ha acquisito Endesa, la più grande società di energia elettrica in Spagna, e che godeva in Chile dei derechos de agua grazie ad una ingiusta legge promulgata da Pinochet sotto dittatura militare. 
Alla fine di aprile il vescovo Infanti, originario di Longarone (paese che subì più di tutti la tragedia del Vajont), è riuscito partecipare a Roma all’assemblea deglia azionisti Enel grazie all’intercessione della Fondazione Culturale della Banca Etica. Nel suo intervento di 10 minuti Infanti ha provato a spiegare le ingiustizie legate ad un simile progetto faraonico. 
“Oggi c’è gente di tutto il mondo interessata alla Patagonia e ai fiumi Baker e Pascua. La regione dell’Aysén ha perso la sua caratteristica tranquillità per il progetto di cinque mega-dighe che sono destinate a distruggere buona parte delle riserve naturali del nostro territorio”. La decisione definitiva di approvare il progetto Endesa-Enel non è ancora stata presa. Ma le imprese energetiche fanno pressioni sul governo affinchè questo dia il suo via libera. “L’energia che si conta di produrre per la Patagonia, non andrà a beneficio della stessa Patagonia, ma a quello delle imprese minerarie situate a più di 2.000 km di distanza dalla regione, nel nord del Chile”. La Patagonia rappresenta una delle riserve d’acqua più grandi del pianeta, per questo le imprese energetiche hanno molto interesse ad essere padroni della sua acqua.