Ha ancora senso nel 2011 utilizzare le categorie politiche ottocentesche di destra e sinistra? È possibile a 22 anni dalla caduta del muro di Berlino continuare a gridare al “pericolo comunista”? Non sarebbe più utile per la comunità nazionale prendere finalmente coscienza che le ideologie sono finite e con esse il tempo dei nostalgismi di destra e di sinistra? Può l’Italia superare quella sindrome da opposte tifoserie, che la costringe a dividersi su ogni cosa, e che crea dei veri mostri politici disposti a tutto, pronti a dileggiare e infangare il loro paese, pur di godere della rovina dell’avversario?
Porgersi queste domande è essenziale per provare a delineare il futuro della politica italiana: destra e sinistra sono infatti oramai categorie utili per mettersi le scarpe. La vera differenza oggi è tra chi ha il coraggio di prendere scelte magari anche rischiose e impopolari perché crede che l’Italia abbia bisogno di riforme pesanti in tema di welfare ed economia, e chi questo coraggio non ce l’ha perché punta a mantenere le proprie rendite di posizione, stando attento a non scontentare caste e corporazioni da cui ormai è legato a doppio filo. E allora ha ragione Gianfranco Fini a dire che su una politica veramente riformatrice “il centrosinistra è in ritardo quanto Berlusconi”; la verità è che “siamo in presenza di uno scontro fra due grandi assetti conservatori nel senso più deteriore del termine poiché la parola d’ordine è non cambiare niente”. La tanto declamata “rivoluzione liberale”, annunciata al Paese nel 1994 da un imprenditore milanese vicino ad ambienti socialisti, è rimasto un bel titolo strappato a Piero Gobetti.
Non essendo più possibile identificare il conservatorismo a destra ed il riformismo a sinistra, alle ideologie devono sostituirsi le idee. La politica del tifo venga definitivamente soppiantata da quella delle proposte. “Basta con destra e sinistra: i giovani sono stanchi. Cerchiamo di salvare l’Italia”: queste semplici parole di Emma Marrone, vincitrice di Amici 9 e seconda classificata insieme ai Modà all’ultima edizione del festival di Sanremo, esprimono un concetto condiviso da moltissimi suoi coetanei.
“Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?” cantava Giorgio Gaber solamente 10 anni fa. Lo stesso pezzo Destra-Sinistra era contenuto in album dal titolo inequivocabile, “La mia generazione ha perso”, incentrato sul tema del ricordo malinconico delle lotte ideologiche della sua generazione, da una parte sconfitta dal conformismo generale e dall’ipocrisia, dall’altra persasi in inutili divisioni senza ottenere quel cambiamento in gioventù tanto sognato. “L’ideologia malgrado tutto credo ancora che ci sia” continua la poesia di Gaber: impossibile dargli torto. Ogni giorno assistiamo al gioco delle etichettature: bersaglio principale è Gianfranco Fini, il quale direbbe “cose” di sinistra e non più di destra. Peccato che il profilo del Fli che Gianfranco Fini delinea è un progetto di libertà individuale e di modernizzazione sociale ed economica, ancorato per il futuro alle politiche dei grandi partiti del Partito Popolare Europeo e dei suoi leader Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e Mariano Rajoy, e in sintonia con il leader britannico dei tory, David Cameron. Ovunque in Europa il centrodestra ha conquistato ampi consensi non con la vecchia retorica artificiosa e passatista del “Dio, patria e famiglia”, ma con un’apertura modernizzatrice sulle questioni sociali, in presa diretta con l’evoluzione della società. Un’applicazione pragmatica e tutt’altro che ideologica del concetto di laicità ha consentito ai partiti del Ppe di strappare alla sinistra europea il monopolio della modernizzazione, consentendo di coniugare libertà economica e responsabilità individuale.
Le persone che danno vita a Fli vengono, nella maggior parte dei casi, “da destra”: ciò non va dimenticato e deve essere certamente rivendicato con orgoglio. Tuttavia oggi i termini “destra, sinistra e centro” sono vuoti: fungono sostanzialmente come indicazioni geografiche, ma non possono essere ricollegati a contenuti predeterminati. Non possiamo più affidarci allo schemino delle differenze “il tè è di sinistra, il caffè è di destra; i preliminari sono di sinistra, il coito è di destra; la doccia è di sinistra, il bagno in vasca è di destra; Visconti era di sinistra, Pasolini era di destra” come faceva Svitol in Maledetti vi amerò di Tullio Giordana.
D’altra parte “è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra”. E allora basta con destra e sinistra, i giovani sono stanchi di finte divisioni.