domenica 2 gennaio 2011

Viva l'Italia!


“Ho visto antiberlusconiani difendere Berlusconi a un tavolo di tedeschi, e anticomunisti difendere i comunisti italiani a un convegno dell’università di Chicago”. Nel suo nuovo libro (Viva l’Italia!, Mondadori, con prefazione di Francesco de Gregori) Aldo Cazzullo parafrasa Roy Batty per tentare di spiegarci che non è vero che noi italiani non amiamo il nostro paese. È vero il contrario: quando siamo in Italia la dileggiamo continuamente, ma quando andiamo all’estero la difendiamo dalle critiche anche più giuste, offendendoci se qualcuno parla male di lei. D’altronde la mamma è sempre la mamma. Nel nostro caso una mamma giovane, che compie proprio quest’anno 150 anni. 
Il giornalista del Corsera sfrutta l’occasione dell’anniversario dell’unità d’Italia per ricordarci che per fare quest’Italia, dal Risorgimento alla resistenza passando per la Grande Guerra, i nostri trisavoli bisnonni nonni padri hanno dato tutto il sangue che avevano. In particolare il Risorgimento non piace a molti: né ai comunisti, che ne hanno sempre denunciato il carattere conservatore, né ai cattolici, dal momento che il Papa difese fino all’ultimo il proprio potere temporale. Tuttavia esso fu anche un movimento popolare: nel 1948 insorgono tutte le città della penisola, da Milano a Palermo a Venezia e Radetzky è costretto a rioccupare quasi tutte le città venete. Il realtà il Risorgimento è una grande saga, con eroi sconosciuti e grandi uomini “che dopo aver tentato di uccidersi l’un l’altro finiscono per allearsi in nome della stessa causa”. È infatti Cavour, politico morto più povero di quando era entrato in politica, a dire che «Garibaldi ha reso all’Italia il più grande dei servizi che un uomo potesse offrirgli: egli ha dato agli italiani fiducia in loro stessi, ha provato all’Europa che gli italiani sanno battersi e morire sui campi di battaglia per riconquistarsi una patria».
Ma l’Italia è un sentimento che nasce ben prima del 1861 e inizia a parlare nei versi di Dante o del Petrarca. Vittorio Emanuele II per l’unità rinunciò a Torino: “non era scritto da nessuna parte che Torino non potesse restare la capitale d’Italia. Ovunque è capitale la città d’origine della dinastia che ha unificato il paese. Parigi, Londra, Berlino non sono al centro della Francia, del Regno Unito, della Germania. Eppure non vi fu dubbio alcuno, anche nella classe dirigente sabauda, che la capitale dovesse essere Roma, la città fondativa della classicità e della cristianità”. 
“Viva l’Italia!” per molti sono state le ultime parole prima di incontrare la morte: contro gli Austriaci durante le guerre di indipendenza, a Roma nella breve esperienza della Repubblica, a El Alamein o sulle Langhe. Purtroppo oggi l’Italia è incapace di riconoscersi nel passato e fatica a credere nel futuro: “l’amaro ritornello secondo sui per la prima volta i figli staranno peggio e non meglio dei padri risuona in tutto l’Occidente; ma solo in Italia si fa poco o nulla per porvi rimedio […] In nessun paese è così netta la separazione tra ricchezza e cultura. I ricchi spesso sono ignoranti, le persone colte spesso povere. La ricerca scientifica è considerata un onere per lo Stato, non un investimento. La crescita economica non è stata seguita da un’analoga crescita culturale”. 
Ma come uscire da questo impasse? Cazzullo auspica la formazione di un “partito della nazione”, che ridisegni le riforme federaliste in modo solidale e promuova la riconciliazione degli italiani dopo due decenni di divisioni tra berlusconiani e antiberlusconiani. L’Italia infatti non è un paese di sinistra e ciò lo dimostra il fatto che il Pd non abbia superato gli insediamenti elettorali del vecchio Pci (Torino, Genova, Venezia e il centro). Auspica inoltre che l’Italia non diventi leghista, restando “l’unica democrazia al mondo priva di una destra del merito, della responsabilità, delle regole. Della nazione”.