All’università (cattolica) mi hanno insegnato che il diritto penale italiano è a due velocità: una velocissima riservata alla categoria dei “disperati”, composta da immigrati clandestini, tossicodipendenti e in generale quei criminali abituali che delinquono proprio perché ormai non possono fare altro e una sempre più lenta inerente i crimini dei c.d. colletti bianchi, cioè quelli che hanno i soldi per pagare laute parcelle agli azzeccagarbugli di turno o, ancora meglio, quelli che una mano la politica gliela dà volentieri, magari con una leggina o un decreto ad personam.
I crimini tipici dei primi sono i furti, le rapine, lo spaccio di droga, l’immigrazione clandestina: reati inevitabilmente reiterabili per chi sopravvive di essi. I “crimini dei ricchi” sono tutt’altra cosa poichè quasi sempre sono reati contro la pubblica amministrazione, reati tributari, fallimentari e tutti quelli che rientrano nel c.d. diritto penale dell’economia: essi presuppongono un lavoro investigativo lungo e complicato. È difficile trovare le prove quando di fronte hai chi fa di tutto per nasconderle e nel farlo può avvalersi di esperti contabili il cui lavoro spesso è proprio creare un meccanismo di “scatole cinesi” che renda impossibile risalire al vertice di certe operazioni. Non è esattamente come inseguire i ragazzini che rubano con la vespa la borsetta all’anziana signora o come il tossicodipendente che ruba oggetti di valore ai suoi parenti perché ha assoluto bisogno di farsi la dose.
Negli ultimi anni la differenza di velocità tra i due diritti è aumentata. Mentre la maggior parte delle condanne dei tribunali riguarda reati connessi allo spaccio di stupefacenti e in generale la piccola criminalità, sono state emanate alcune leggi che hanno reso più difficile perseguire i reati dei colletti bianchi: tra queste possiamo ricordare la nuova formulazione del falso in bilancio (2002) o la celebre legge c.d. ex-Cirielli in materia di attenuanti generiche, recidiva e prescrizione (2005). A causa di queste ad esempio oggi un falso in bilancio si prescrive in sei anni, un tempo brevissimo aumentabile a sette e mezzo solo in alcuni casi. Se, come ormai sembra inevitabile, il processo breve passerà, il concetto di diritto penale a due velocità non sarà più attuale, superato da quello di impunità permanente per i soliti alcuni. Il processo breve nasconde infatti un’amnistia mascherata e mirata.
“Era meglio il lodo Alfano”: con queste parole commentavo un anno e mezzo fa il primo disegno di legge concernente il c.d. processo breve. Sottolineo "cosiddetto processo breve" perché ciò a cui esso mira non è altro che evitare la condanna ottenendo la prescrizione breve per alcuni procedimenti, guarda caso quelli in cui è coinvolto Silvio Berlusconi per corruzione (Processo Mills) e prostituzione minorile (Processo Ruby). Per salvarne uno rovineranno altri mille e oltre processi, compresi tutti quelli futuri.
La prescrizione più corta per gli incensurati avrà un solo effetto: che certi incensurati lo rimangano a vita. D’altra parte ha ragione quel deputato del Pd che ieri ha ricordato che «per Orwell gli animali più uguali degli altri erano i maiali» [Detto questo il maiale è un animale intelligente e nobile. Mi dispiace veramente per lui che venga accostato a certi personaggi, ndr].
Immagine: Edoardo Baraldi