domenica 2 maggio 2010

Editti bulgari


Sofia, 18 aprile 2002. “L'uso che Biagi... Come si chiama quell'altro? Santoro... Ma l'altro? Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”.
Roma, 22 aprile 2010. “In questi ultimi mesi e giorni il nostro partito è stato esposto al pubblico ludibrio da parte di presenze in televisione di Bocchino, di Urso, di Raisi!”.

Gli anni passano ma lo stile delle liste di proscrizione rimane il medesimo. Che sia diretto a nemici esterni o questa volta interni. Le somiglianze tra il famoso editto bulgaro che epurò dalla Rai Biagi, Santoro e Luttazzi e quello pronunciato da B. durante il suo intervento alla riunione della Direzione Nazionale del Pdl si sprecano.
In entrambi i casi i soggetti passivi sono persone fermamente critiche con la persona e la politica di B. In entrambi i casi hanno l’avventatezza di manifestare il loro pensiero in televisione. In entrambi i casi vengono scanditi con chiarezza i nomi di chi deve pagare. Tre nomi. Tre colpevoli. Ieri Biagi Santoro Luttazzi. Oggi Bocchino Urso Raisi. Semplice e diretto, come solo Lui sa fare.
Che gli editti una volta emessi vengano eseguiti, si sa. «Non è accettabile che il Presidente del Consiglio chieda la mia testa solo perché ho avuto l’ardire di partecipare a una trasmissione televisiva. Con l’aggravante che avrei rappresentato la “minoranza” del Pdl davanti a milioni di telespettatori. Obama, Merkel, Sarkozy non avrebbero mai nemmeno lontanamente immaginato di fare una cosa del genere». Queste le parole di Italo Bocchino, il primo a saltare, costretto a dare le dimissioni dalla carica di capogruppo vicario dei deputati del Popolo della libertà. Chi sognava di cambiare da dentro il Pdl si è risvegliato bruscamente. Esso è e rimane il partito di una persona. Il suo potere è l’unico collante a tenerlo unito.
C’è dunque da chiedersi come sia ancora possibile per taluni vedere il Pdl come la casa dei liberali e continuare a credere in un programma di rinnovamento che parta dall’interno di un partito in fin dei conti creato all’improvviso, da un predellino, come un annuncio elettorale. E infatti un comitato elettorale deve rimanere il Pdl, "chi mi critica, è fuori!". Chi vi rimane dentro è meglio che abbassi la testa, se non vuole perdere tutto quello che ha. Il destino dei dissidenti finiani somiglia sempre più a quello che spettò ai menscevichi (minoranza all’interno del movimento rivoluzionario russo): subire una dura repressione o migrare altrove.