In Italia chi vende droga e rimette in circolo il denaro guadagnato può essere punito per il traffico di stupefacenti ma non per aver riciclato i proventi illeciti ottenuti. Il reato di autoriciclaggio infatti non è ancora previsto dal nostro codice penale.
Sembra che tutti siano favorevoli alla sua introduzione. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze nel luglio del 2009 afferma infatti che “la punibilità dell'autoriciclaggio è opportuna sia dal punto di vista dell'architettura giuridica, sia quale strumento per gli investigatori ed i magistrati” e “la rilevanza assegnata dagli standard internazionali alla punibilità dell'autoriciclaggio conferma la necessità di introdurre tale reato nell'ordinamento penale italiano”. Il Fondo Monetario (fin dal 2005), il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi (audizione presso il Senato del 15 luglio 2008) e il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso ne auspicano da anni l’introduzione, ma al momento il disegno di legge che lo prevede è sepolto in un cassetto. L’autoriciclaggio è presente da tempo in paesi come gli USA e la Svizzera, mentre abbastanza recentemente è stato introdotto in Francia. La Cassazione inoltre si trova in difficoltà ad aggirare l’ostacolo dell’assenza di tale fattispecie. Un esempio storico è quello di Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, che durante il suo processo per concorso esterno in associazione mafiosa non fu imputabile per il riciclaggio del denaro accumulato grazie alle sue relazioni con la mafia. Non solo: un importante ambito di utilizzo del reato di autoriciclaggio si avrebbe anche nella lotta all’evasione fiscale.
Una norma del nostro ordinamento in realtà l’autoriciclaggio lo prevede già. È l’art. 2 del decreto legislativo n. 231 del 2007, che ha attuato la direttiva CE n. 60 del 2005, concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. In base a tale norma possono essere segnalati dai professionisti del settore finanziario quei soggetti che commettono condotte di autoriciclaggio, tuttavia quest’ultimi non possono essere perseguiti penalmente. Le direttive europee non possono avere competenza penale, ma la 60/2005 suggerisce chiaramente al legislatore italiano l’introduzione di tale reato.
Una norma del nostro ordinamento in realtà l’autoriciclaggio lo prevede già. È l’art. 2 del decreto legislativo n. 231 del 2007, che ha attuato la direttiva CE n. 60 del 2005, concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. In base a tale norma possono essere segnalati dai professionisti del settore finanziario quei soggetti che commettono condotte di autoriciclaggio, tuttavia quest’ultimi non possono essere perseguiti penalmente. Le direttive europee non possono avere competenza penale, ma la 60/2005 suggerisce chiaramente al legislatore italiano l’introduzione di tale reato.
Tutti vogliono l’autoriciclaggio, ma questo per il momento rimane ancora in stand-by, pur potendo essere uno strumento di grande utilità sia nel campo del diritto penale dell’economia, quello dei colletti bianchi, sia in quello della lotta alla criminalità organizzata, i cui proventi dal traffico di stupefacenti continuano ad essere una importante forma di finanziamento. Si potrebbe colpire la mafia più a fondo sul patrimonio, contribuendo alla concreta distruzione della sua economia criminale.
L’ultima notizia del percorso legislativo effettuato dal disegno di legge sull’autoriciclaggio è del 25 novembre 2009, giorno in cui la Commissione Giustizia del Senato ne avviava l’esame.