La gogna mediatica che sta subendo Marco Travaglio nella più classica delle tradizioni della nostra televisione da seconda repubblica deve allarmare ogni persona che disprezzi la ricerca di un capro espiatorio in seguito all’aggressione subita da Silvio Berlusconi. In particolare deve preoccupare la costante demonizzazione da parte di certe Istituzioni di quegli organi di stampa più critici nei confronti dell’operato del Governo e delle condotte del premier. Ciò che fugge agli schemi di un confronto democratico in Italia è proprio il fatto che la maggioranza si scagli contro quotidiani e giornalisti come si fa verso un partito di opposizione. E in effetti è proprio la mancanza di un forte partito di opposizione ciò che costa all’Italia in questo periodo un importante deficit democratico. Basta andare a rileggersi i principi basilari di un corso di diritto costituzionale per comprendere come il problema italiano riguardi tutto il sistema politico.
Per spiegarvi quale sia importante il ruolo della minoranza al fine del mantenimento dell’equilibrio democratico, voglio riportarvi un passo del manuale di diritto costituzionale dei professori Roberto Bin e Giovanni Petruzzella, uno dei migliori ed il più utilizzato nelle università italiane: “La regola di maggioranza è intrinsecamente ambigua. Infatti, da una parte, è lo strumento attraverso cui i più sono sottratti alla tirannia dei pochi, dall’altro lato può essere il mezzo attraverso cui i più eliminano i meno. Chi ottiene la maggioranza, infatti, può utilizzarla per adottare i provvedimenti che eliminino i soggetti rimasti in minoranza, sicché esiste il rischio della tirannia della maggioranza. Per contrastare questo pericolo le Costituzioni predispongono vari strumenti di tutela delle minoranze. Del resto, se non ci fossero questi strumenti la stessa regola di maggioranza non potrebbe più operare; infatti, se la maggioranza utilizza il suo potere per eliminare le minoranze, queste ultime reagiscono, lottano per la sopravvivenza, non riconoscono più lo Stato come ordinamento comune e, quindi, intaccano la sua legittimazione, aprendo la via alla disgregazione ed al conflitto violento”.
Se il più grande partito espressione della minoranza non fà opposizione, è un problema per tutta la democrazia, a prescindere dalla ragione per cui non vi riesca: in Italia il PD è certamente più frenato da problemi suoi intestini piuttosto che dall’operato della maggioranza. A tutto ciò si aggiunge l’esproprio al Parlamento del potere legislativo: ormai passano solo decreti del Governo e la media lavorativa dei parlamentari è di poche ore al giorno. Basti pensare all’abuso della fiducia, posta anche sulla legge Finanziaria, la quale si è dovuta blindare a causa di quell’emendamento che permette la vendita all’asta dei beni confiscati alla mafia. In questa legislatura il 90% delle leggi è deciso da Palazzo Chigi.
Per spiegarvi quale sia importante il ruolo della minoranza al fine del mantenimento dell’equilibrio democratico, voglio riportarvi un passo del manuale di diritto costituzionale dei professori Roberto Bin e Giovanni Petruzzella, uno dei migliori ed il più utilizzato nelle università italiane: “La regola di maggioranza è intrinsecamente ambigua. Infatti, da una parte, è lo strumento attraverso cui i più sono sottratti alla tirannia dei pochi, dall’altro lato può essere il mezzo attraverso cui i più eliminano i meno. Chi ottiene la maggioranza, infatti, può utilizzarla per adottare i provvedimenti che eliminino i soggetti rimasti in minoranza, sicché esiste il rischio della tirannia della maggioranza. Per contrastare questo pericolo le Costituzioni predispongono vari strumenti di tutela delle minoranze. Del resto, se non ci fossero questi strumenti la stessa regola di maggioranza non potrebbe più operare; infatti, se la maggioranza utilizza il suo potere per eliminare le minoranze, queste ultime reagiscono, lottano per la sopravvivenza, non riconoscono più lo Stato come ordinamento comune e, quindi, intaccano la sua legittimazione, aprendo la via alla disgregazione ed al conflitto violento”.
Se il più grande partito espressione della minoranza non fà opposizione, è un problema per tutta la democrazia, a prescindere dalla ragione per cui non vi riesca: in Italia il PD è certamente più frenato da problemi suoi intestini piuttosto che dall’operato della maggioranza. A tutto ciò si aggiunge l’esproprio al Parlamento del potere legislativo: ormai passano solo decreti del Governo e la media lavorativa dei parlamentari è di poche ore al giorno. Basti pensare all’abuso della fiducia, posta anche sulla legge Finanziaria, la quale si è dovuta blindare a causa di quell’emendamento che permette la vendita all’asta dei beni confiscati alla mafia. In questa legislatura il 90% delle leggi è deciso da Palazzo Chigi.
Ma allora se la minoranza non adempie al suo dovere di opposizione è naturale che la maggioranza debba trovare altri soggetti da attaccare per cercare di mantenere il consenso. Questi soggetti sono appunto i quotidiani non allineati con la linea di governo e la magistratura, incaricata in qualche modo di sopperire al ruolo dell’opposizione, non più in grado di bloccare già in Parlamento leggi palesemente incostituzionali. L’intervento di Cicchitto alla Camera è emblematico del gioco politico in atto: “A condurre la campagna d'odio contro Silvio Berlusconi è un network composto dal gruppo editoriale Repubblica-L'Espresso, da quel mattinale delle procure che è il Fatto, da una trasmissione di Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio oltre che da alcuni pubblici ministeri che hanno nelle mani alcuni processi, tra i più delicati sul terreno del rapporto mafia-politica e che vanno in tv a demonizzare Berlusconi”. Ad aggravare ancora di più la situazione italiana è il conflitto di interessi di cui gode il nostro Presidente del Consiglio e del potere (esplicito ed implicito) di cui dispone nei riguardi dei 6 maggiori canali nazionali (con varie sfumature). Siamo un paese dove nei telegiornali i fatti sono stati sostituiti dalle opinioni. Basta accendere la TV per essere sommersi solamente dalle opinioni dei “portavoce”.
Se l’Italia si trova al 73° posto della classifica sulla libertà di stampa di Freedom House ci sarà un motivo: nello specifico siamo considerati “Paese parzialmente libero”, al pari di Tonga e sotto a Benin, Namibia, Capo Verde, Trinidad & Tobago. Il processo imbastito a Marco Travaglio, nel Porta a Porta del 16 dicembre 2009 è diretta conseguenza di questa situazione. I giornalisti che riportano i fatti e che adempiono al loro dovere sono diventati il bersaglio della maggioranza. Solo ieri Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, diceva riguardo la bomba inesplosa ritrovata alla Bocconi: “Certo è che colpisce la coincidenza degli attentati con l'ennesimo attacco alla Costituzione, baluardo della democrazia. Si vuole una Repubblica presidenziale, come quella auspicata da Licio Gelli. Si vuole distruggere la Corte Costituzionale, colpevole di avere bocciato il lodo Alfano. Essa è accusata di essere formata da giudici comunisti scelti da Presidenti filocomunisti.”
Da Vespa il ministro Matteoli interviene aggredendo: “Con Togliatti, nel ’48 avevano le pistole in tasca. Oggi non ci sono più le pistole, ma la parola è più dannosa. La parola è la pistola”. Il messaggio che si vuole lanciare è il seguente: c’è un colpevole oltre Tartaglia. Vespa mostra quindi al pubblico Travaglio, reo di aver difeso genericamente il diritto all’odio (come sentimento personale) durante il Passaparola del 14 dicembre 2009. Al riguardo mi viene in mente un verso degli Afterhours: “anche odiare è un diritto, sai?”. Ma non ditelo alla maggioranza.
(riporto, affinché ognuno dei miei 25 lettori possa guardare e riflettere con la propria testa, il video del processo di Porta a Porta: http://www.youtube.com/watch?v=-zg--isSAR8 e video e testo integrali del Passaparola del 14 dicembre 2009: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/2009/12/14/la_diretta_con_marco_travaglio.html)