venerdì 15 gennaio 2010

Un libro nascosto. “Doveva morire”: così non è stato salvato Aldo Moro.


Bighellonando in libreria con un amico mi cade l’occhio in basso, all’ultimo scaffale, su di un libro nascosto tra altri riguardanti gli anni di piombo: il titolo “Doveva morire” scritto a caratteri cubitali mi colpisce tanto da comprarlo.
“Doveva morire” è un libro importante, di quelli che quando escono si fa sempre attenzione a non pubblicizzare troppo, che qualcuno potrebbe comprarli, leggerli, capire. Per di più è scritto da due persone di sicuri valore e affidabilità: Ferdinando Imposimato, uno dei giudici a cui nel 1978 venne affidata l’inchiesta sulla strage di via Fani, il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse (ma che fu anche istruttore di altri processi riguardanti Banda della Magliana, mafia e camorra, specializzandosi in terrorismo), e Sandro Provvisionato, giornalista prima de L’Europeo e poi di Tg5 e Terra!, di cui è uno dei responsabili.
Il libro impressiona per l’analiticità e la sistematicità con cui viene ricostruita la vicenda Moro, avvalendosi di importanti documenti sia appartenenti alle inchieste giudiziarie, sia ritrovati nel tempo con la progressiva scoperta dei covi BR e la caduta dei governi storici. In appendice sono riportate anche le copie di molti documenti originali, tra i quali le relazioni di Steve Pieczenik, agente della CIA e membro del Comitato di crisi non ufficiale istituito da Cossiga, che dichiarerà anni dopo: “Sono stato io, lo confesso, a preparare la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Moro”. Un altro membro di quel comitato ombra, Franco Ferracuti dirà: “Aldo Moro era politicamente morto fin dal giorno della sua prima lettera dalla prigionia. E, dal punto di vista del governo, è stato meglio che l’incidente di Moro sia finito come è finito”.
Ma oltre al Comitato di crisi un altro organo ha un’importanza fondamentale nel caso Moro: l’UCIGOS.
Dietro l’acronimo Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali si nasconde un organismo creato dal ministro dell’interno Cossiga un mese e mezzo prima del sequestro Moro, con strane e amplissime competenze che vanno a sovrapporsi con quelle del SISDE, il servizio segreto civile. L’UCIGOS nei fatti risponde solo al ministro.
Il depistaggio più clamoroso che compiono i servizi segreti nei confronti dell’inchiesta riguarda l’operazione Lago della Duchessa, la quale si svolge in seguito ad un falso comunicato BR in cui si annuncia la morte dello statista e la sua sepoltura presso un lago ghiacciato dell’Appennino reatino.
Le BR potevano essere fermate ma non si volle fermarle. Otto occasioni furono sprecate in quei 55 giorni di prigionia per trovare Moro: dal caso della tipografia BR di via Pio Foà individuata dall’UCIGOS prima della morte del presidente DC ma di cui fu taciuta la scoperta, a quello della seduta spiritica a cui partecipò anche Prodi dalla quale emerse la soffiata di “Gradoli”. Soffiata che si volle intendere come Gradoli paese nel viterbese e non come omonima via romana.
Non è dietrologia affermare che Moro fu una vittima della strategia della tensione. Come lo stesso Pieczenik afferma, l’obiettivo che si raggiunse con la sua morte fu di “creare una unanime repulsione contro questo gruppo di terroristi – le BR – e allo stesso tempo un rifiuto verso i comunisti”. I suoi compagni di partito, il Presidente del Consiglio Andreotti e Cossiga, fecero passare Moro come un uomo fuori di sé, plagiato dai terroristi, inaffidabile, mentre in realtà dalle sue lettere emergeva una lucidità imbarazzante per il governo DC.
Imposimato può così oggi affermare “che le strutture volute da Cossiga non solo non assunsero alcuna iniziativa diretta a salvare la vita di Moro, ma ostacolarono le indagini condotte dalla Procura di Roma, bruciando le numerose occasioni che si presentarono agli inquirenti per liberare il leader DC e impedendo persino che l’inchiesta giudiziaria sul sequestro del presidente democristiano venisse formalizzata, ossia arrivasse nelle mani dei giudici naturali e logici destinatari: i magistrati dell’ufficio istruzione del tribunale di Roma”.