mercoledì 14 dicembre 2011

Uno sciopero vecchio


Il 19 dicembre sarà sciopero generale nei servizi pubblici. D'altra parte non c'è manovra senza sciopero. Berlusconi, Prodi, Monti: nessuno scampa. Tuttavia, a mio avviso, in questo caso siamo di fronte ad uno sciopero un po' troppo premeditato, indetto ancora prima dell'uscita del testo definitivo della manovra. E allora il legittimo sospetto è che i sindacati vogliano punire il Presidente del Consiglio per aver superato definitivamente la politica della concertazione infinita. 
Alla domanda "qual'è la grande colpa del governo tecnico?", Susanna Camusso risponde: "il Governo ha difeso la sua impostazione sulla manovra e ha cercato di argomentare che sarebbe stata equilibrata". Un po' poco. Perchè alla fine l'equità e l'equilibrio sono elementi che nella manovra ci sono. Anche se si tratta di una manovra di emergenza, e in troppi fanno finta di dimenticarlo. Anche se ciò che conta più di tutto sono solo i saldi, e questi devono rimanere invariati. Anche se l'Italia è ancora sotto il controllo dell'FMI, e il fallimento purtroppo non è solo uno spettro.
Vogliamo dirlo: questo sciopero sa di vecchio e si poteva evitare. In una situazione di estrema diffocoltà dovuta ai veti incrociati di lobby e partiti che sperano in un loro fallimento (che poi significherebbe direttamente un default italiano) Mario Monti ed Elsa Fornero stanno facendo il massimo. Le lacrime del Ministro del Lavoro sono prova di sincerità ed onestà. 
Il Governo sta facendo tanto pur di non toccare le categorie più deboli. Ma poi qual'è oggi la categoria più debole? Può ancora sostenersi - come dicono Cisl e Uil - che sia esclusivamente quella dei pensionati? Io sono convinto di no. O meglio, sono convinto che la categoria oggi più penalizzata (e meno rappresentata in assoluto a tutti i livelli) sia quella dei "pensionati di domani", ovvero i giovani. Quanti ventenni e trentenni hanno oggi in Italia stipendi da 1.400 euro? Quanti a queste età possono permettersi di lasciare la casa dei genitori, o sposarsi, o mantenere dei figli o fare tutte le cose insieme senza aiuti?
Il 42% dei giovani (25-34 anni) lavoratori dipendenti di oggi andrà infatti in pensione intorno al 2050 con meno di 1.000 euro al mese (fonte Censis/Unipol). Attualmente i dipendenti in questa fascia di età che guadagnano una cifra inferiore ai 1.000 euro sono il 31,9%. Ma la vera tragedia è che questi pochi dati riguardano i più fortunati, e cioè i 4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard: poi ci sono 1 milione di giovani autonomi o con contratti atipici e 2 milioni di giovani che non studiano né lavorano.
E allora, da giovane anch'io, mi sento di chiedere ai sindacati un po' più di responsabilità: riconoscete il fatto che il vecchio sistema mix anzianità-retributivo è stato troppo generoso e accettate quello contributivo. I parasubordinati di oggi non devono e non possono pagare le pensioni di anzianità di ieri. Iniziate invece una grande battaglia per il contratto unico e i minimi salariali. L'Italia si salva solo con un patto generazionale che punti a sanare la frattura tra la generazione dei padri e quella dei figli attraverso un virtuoso riequilibrio tra diritti acquisiti e opportunità per il futuro.
E una manovra pensionistica che bonifica i privilegi, universalizzando – cioè rendendo uguali per tutti – criteri di calcolo e regole di accesso alla pensione non è iniqua.