Ieri mattina facendo zapping mi sono imbattuto in un lungo servizio su rai 3 dedicato alla figura di Alberto Manzi, l'allora famoso maestro della trasmissione televisiva degli anni sessanta “Non è mai troppo tardi”. Di questa figura, forse a causa della mia giovane età, devo ammettere che non avevo conoscenza, ma quell'unico servizio mi ha talmente folgorato che ho voluto approfondire le sue opere.
Alberto Manzi per primo utilizzò il mezzo televisivo a fini didattici, pensando soprattutto alle fasce sociali più deboli. Educare gli allievi a pensare era il suo obiettivo principale ed il suo metodo di lavoro era tutto strumentale a questa finalità kantiana.
Aveva tre lauree (biologia, pedagogia e filosofia) e iniziò ad insegnare presso una struttura carceraria minorile romana. Raccontava che quando per la prima volta entrò in quella classe, il capo dei ragazzi si avvicinò a lui dicendogli avrebbe dovuto starsene per tutte e quattro le ore di insegnamento seduto a leggere il giornale lasciandoli in pace. Manzi gli rispose che no, non poteva farlo perchè lui lo pagavano per insegnare. "Allora ce la giochiamo" rispose il bullo. "Come?, a carte?". "No, a botte". Avendo Manzi da poco finito la naia in marina il bullo le prese sonatamente. Della quarantina di ragazzi a cui insegnò in carcere solo tre tornarono dentro una volta usciti.
Era un grandissimo pedagogo. Attraverso il suo programma insegnò a milioni e milioni di italiani a leggere e scrivere. "Non è mai troppo tardi" fu concepito come strumento di ausilio nella lotta all'analfabetismo. Il programma riproduceva in televisione delle vere e proprie lezioni di scuola primaria, con metodologie didattiche rivoluzionarie per l'epoca, dinanzi a classi composte di adulti, soprattutto anziani, e analfabeti. Memorabile è la scena della vecchietta che a 92 anni impara a leggere senza sillabare guidata con la bacchetta da Manzi.
Fu scelto per il programma dopo aver stracciato al provino la lezione sulla lettera "o" che gli era stata consegnata come copione. Nella circostanza Manzi improvvisò una lezione alla sua maniera.
Le trasmissioni avvenivano nel tardo pomeriggio, prima di cena. Manzi scriveva con un carboncino su grandi fogli di carta montati su di un cavalletto. Accompagnava le lettere e le parole con disegnini accattivanti finalizzati ad attrarre l'attenzione dello studente. Le sue lezioni oggi potrebbero oggi definirsi "multimediali", in quanto faceva un grosso uso di strumenti quali lavagne luminose, registrazioni audio e video. Il programma venne sospeso nel 1968, anno dopo il quale Manzi tornò all'insegnamento scolastico.
Mi chiedo se la pubblica utilità ed il servizio che dava la RAI con la trasmissione "Non è mai troppo tardi" siano oggi così antistorici. Se è vero che il 44% degli italiani si avvicina ad analfabetismo di ritorno ci devono esserre delle spiegazioni. Oltre all'incapacità della scuola in generale di svolgere la sua funzione di insegnamento, credo che molta colpa abbiano anche la televisione e la RAI in particolare. La televisione è l'unico media a cui accede la stragrande maggioranza degli italiani, per questo non gli si può togliere un ruolo educativo. Certo ritornare alle lezioni di Manzi sarebbe eccessivo, ma qualcos'altro si dovrebbe fare per porre un freno alla crisi culturale che attraversiamo e che si fa sempre più grave.