Quanto oggi la cultura in Italia venga trascurata non lo si capisce solo dalla domus dei gladiatori che crolla miseramente in una Pompei abbandonata a sé stessa o dalle migliaia di precari dell’università, ma anche da cose in paragone più piccole, come dimostra il caso di un film sul Risorgimento in uscita in questi giorni. La pellicola, diretta da Mario Martone, si intitola “Noi credevamo” ed è un nostrano kolossal da quasi 7 milioni di euro interpretato dal meglio del cinema italiano: il cast comprende infatti attori come Lo Cascio, Servillo, Zingaretti, Francesca Inaudi e Anna Bonaiuto. La storia che si racconta è quella «di tre ragazzi del sud Italia che in seguito alla feroce repressione borbonica dei moti che nel 1828 maturano la decisione di affiliarsi alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Attraverso quattro episodi che corrispondono ad altrettante pagine del processo risorgimentale per l’unità d’Italia, le vite di Domenico, Angelo e Salvatore vengono segnate tragicamente dalla loro missione di cospiratori e rivoluzionari, sospese tra rigore morale e pulsione omicida, spirito di sacrificio e paura, carcere e clandestinità, slanci ideali e disillusioni politiche. Sullo sfondo, la storia più sconosciuta della nascita del paese, dei conflitti implacabili tra i “padri della patria”, dell’insanabile frattura tra nord e sud, delle radici contorte su cui sì è sviluppata l’Italia in cui viviamo».
In Italia succede che il film, tra i più attesi e lodati dalla critica al festival di Roma, esca in questi giorni in sole 30 copie. Una cifra talmente esigua che grida vendetta - è il caso di dirlo - carbonara. Possibile che alle soglie dei 150 anni della nostra Patria non si abbia il minimo interesse a stimolare negli italiani il sentimento d’unità nazionale? La Rai vi ha messo il 50% del budget. Come può un film di tale importanza culturale uscire nelle sale senza che nessuno lo sappia? Dicono “il problema è il mercato, che ci possiamo fare se i giovani vanno a vedere solo i cinepanettoni?”. Noi invece pensiamo che no, il problema non sia solo questo: un giovane può andare a vedere De Sica o Boldi, ridere a crepapelle, tornarci ogni anno e tuttavia voler anche guardare film come “Noi credevamo”. Le due cose non si escludono a vicenda. E non ci vengano a dire che il mercato è libero: il mercato è drogato dalla pubblicità e lo sappiamo. E non ci rispondano che la storia non tira: il grande cinema dimostra l’esatto contrario.
Una pellicola come quella di Martone è costretta ad uscire nelle sale in maniera quasi clandestina solamente per incuria culturale. Proponiamo allora come giovani di Futuro e Libertà una grande mobilitazione: adesso che lo sappiamo, andiamo tutti a vedere “Noi credevamo”. Portiamo la ragazza o gli amici. Dove non c'è, chiediamo perchè non ce lo fanno vedere, scriviamo, protestiamo. Facciamolo perché il cinema ci piace, perchè è una forma d’arte in grado di trasmettere grandi emozioni e valori. Facciamolo perché il Risorgimento ci piace, perché l’Italia unita ci piace. Facciamolo perché comprendere la nostra storia con i suoi lati oscuri non è facile ma indispensabile per guardare al futuro. Mostriamo che i giovani italiani si meritano di più e che non vogliono morire di soli cinepanettoni.